Per salvare il Pianeta Terra

Una decina di anni fa rilasciai l’intervista qui riportata  all’ADN Kronos, che su questo sito venne in seguito  ripresentata. Oggi alla vigilia della giornata dedicata alla Terra e alla  sua salute  ripropongo l’intervista  per sottolineare quanto sia difficile modificare comportamente e abitudini, affinché si possa realmente e attivamente salvare il Pianeta dall’inquinamento.  In questi  ultimi dieci anni ben poco è cambiato, perchè per aiutare la nostra casa naturale  dovremmo, oltre che parlare,   coscientemente agire, partendo da se stessi, sempre, per non ristrovarsi nello scenario prefigurato da Bob Dylan nella sua ballata “Hard Rain”!

Roma, 30 set. (Adnkronos) – Non riusciamo a rispettare l’ambiente, “nostra casa naturale”, perchè non riusciamo ad “investire sul futuro. Oggi, infatti, l’umanità assiste ad un progressivo declino della qualità della vita” e “vive come se ogni giorno fosse l’ultimo”. Per invertire la tendenza servono progetti scolastici idonei a formare le generazioni più giovani. Negli adulti, invece, la formazione di un pensiero ecologico richiede molto di più: “un lavoro corale” che coinvolge istituzioni, mass media e naturalmente ogni singolo individuo” attraverso il quale passare dalla catarsi alla trasformazione”, in altre parole, resettare e riconfigurare partendo da una maggiore capacità di avere cura di sè, della propria ‘casa interna’ per poi percepire più profondamente la propria ‘casa esterna’ e così averne naturalmente cura. Sira Sebastianelli, psicologa e psicoterapeuta, spiega all’ADNKRONOS il proprio punto di vista sul perchè sia ancora così poco diffusa la sensibilità ambientale, nonostante gli allarmi di tanti e autorevoli organismi internazionali.

 

“Il mondo della natura – argomenta – è paragonabile al mondo dell’inconscio umano dove si abbandonano, utilizzando un meccanismo di difesa chiamato rimozione, resti psichici che non possono abitare la coscienza. Un inconscio impermeabile e permeabile come il mondo, dove ciò che vi si deposita a volte penetra nella profondità e a volte rimane in superficie. Tutto il materiale tangibile o intangibile, però, lascia traccia di sé e sedimenta stratificandosi dalla profondità alla superficie, da dove spesso è complesso e difficile far riaffiorare contenuti che devono farsi strada tra strati calcarei contaminanti che ne modificano la struttura originaria. Quando si gettano pezzi di carta o cicche di sigaretta per strada, dove cadono? Nel mondo cosciente o nel mondo inconscio?”.

“Nel mondo cosciente – sottolinea Sebastianelli – rimangono le scorie materiali di un gesto privo di senso civico che qualcun altro può raccogliere, ma nel mondo inconscio precipitano le scorie dell’anima attraverso un gesto pregno di significato, che nessuno, tranne una ritrovata consapevolezza del responsabile può raccogliere. Solo facendo luce sulle motivazioni profonde dell’incuria, si possono diradare le ombre della distruttività di sé. Un metallo prezioso come l’argento ci può aiutare a capire cosa accade all’animo umano nel corso della sua esistenza”.

“L’argento, come si può verificare su un qualunque oggetto creato con questo metallo, reagisce all’aria e perde la sua brillantezza, fino ad arrivare lentamente all’opacità primitiva: mai si sospetterebbe che sotto quello strato color antracite si nasconde una lucentezza argentea. A questo punto – continua – proviamo una associazione paradossale e azzardata tra l’essere umano e l’argento, ma che forse ci aiuta a comprendere l’intermittenza dell’energia profusa da ognuno di noi per salvare l’ambiente. Il bambino quando nasce è proteso a soddisfare i suoi bisogni primari, completamente dipendente dalla madre o da una figura primaria per sopravvivere, seguendo quello che Freud chiamava principio di piacere, cioè il bisogno di rispondere al desiderio di mangiare, dormire etc. senza differire nel tempo il soddisfacimento dello stesso”.

“Con il passare dei mesi, attraverso l’educazione, le migliorate capacità di interazione con l’ambiente e lo sviluppo cognitivo, che consentono un miglior adattamento alla realtà secondo quello che Freud chiamava il principio di realtà, il bambino – dice la psicologa – riesce a differire il soddisfacimento dei bisogni. Ora, guardando il declino della qualità della vita nel mondo in cui viviamo, sembrerebbe che il principio di realtà sia sopraffatto dal principio di piacere, che risponde al motto ‘tutto e subito’. Una persona risponde solo al proprio bisogno, senza curarsi dei bisogni degli altri e senza prevedere gli effetti che il soddisfacimento immediato di un certo bisogno può produrre, come il gettare una cicca di sigaretta ovunque capiti”.

“Il processo regressivo, probabilmente, che coinvolge l’essere umano, per non dire il genere umano, nel momento in cui si sente dipendente, bisognoso di avere qualcuno che si occupi di sé, non più protagonista della propria vita – spiega Sebastianelli – attiva il principio di piacere a detrimento di quello di realtà, lo stesso processo che avviene nell’argento che dalla opacità (fase primitiva, principio di piacere) passa alla brillantezza (fase più evoluta, principio di realtà) per poi tornare alla opacità se lo si abbandona, pur conservando, però, la potenzialità luminosa”.

Come fare per riportare alla luce quelle potenzialità che consentirebbero un miglior rispetto di sé e degli altri? “Se differire il soddisfacimento di un bisogno è difficile se non impossibile, evidentemente – chiarisce – non si riesce ad investire sul futuro perché non lo si intravede, ed è inevitabile non prevedere le conseguenze di un proprio comportamento. L’umanità oggi vive come se ogni giorno fosse l’ultimo, nonostante vengano messi al mondo bambini che sono la personificazione del futuro”.

Allora, cosa c’è che non va? Qual è il significato di questa contraddizione? “Forse – ragiona la psicoterapeuta – è la conferma della inconsapevolezza in cui siamo precipitati, al punto di non avere più senso critico e forse è il senso di abbandono che l’uomo del terzo millennio vive sempre più, che lo spinge, senza successo, a ricercare gli altri, non per cercare un confronto, ma per avere qualcuno cui potersi affidare per lasciarsi andare ed essere protetto, accudito… amato. Più ricerca, però, l’altro per non sentirsi solo e più cade nel pozzo dell’isolamento, più cerca di aggrapparsi e più si sente respinto”.

“Con questo stato d’animo di disperazione devastante quale principio etico può supportare il rispetto di sé e del mondo in cui si vive? Se l’essere umano non riscopre sé stesso e il significato più profondo dell’esistenza – evidenzia Sebastianelli – non si può recuperare nulla. Un punto da cui partire è proprio il significato della parola natura, che in passato si scriveva con la N, maiuscola, per sottolineare una entità a cui rivolgersi con doveroso rispetto sempre e non solo, come avviene oggi, quando la sua forza si manifesta con eventi catastrofici. Il termine naturale, poi, si usa giustamente come contrario e opposto al termine artificiale, ma anche come erroneo sinonimo di semplice. In realtà, in Natura nulla è semplice, anzi non c’è niente di più complesso. Meno si vive nella consapevolezza di essere costantemente in contatto con la Natura e più la si sottovaluta. Specialmente nelle città si perde di vista il mondo in cui si è immersi dove tutto sembra possibile e nessun limite viene tracciato”.

“Non è un caso che si ricorra sempre più ai divieti, anche per avvertenze banali dove basterebbe un po’ di senso civico, proprio perché l’infatilizzazione dell’essere umano non prevede l’attenzione a sé e al mondo, richiedendo il controllo costante di una autorità. Ovviamente, più c’è chi veglia e controlla – avverte Sebastianelli – più non matureranno le condizioni interne per sviluppare autonomia, e qui si entra in una strada senza via d’uscita. Il controllo degli uomini si può allentare parallelamente alla crescita della autonomia, attraverso l’educazione insieme alla responsabilizzazione, e al consolidamento della fiducia dei ‘controllati’ in sé stessi per farli sentire sempre più protagonisti della propria vita”.

“Il proliferare dei graffiti e dei tatuaggi – osserva la psicologa – è la cartina tornasole di un disagio che serpeggia, ovunque. Tale disagio lo chiamerei ‘la sindrome di nessuno’, cioè non sentirsi riconosciuti, al punto di preferire, paradossalmente, alla visibilità della trasparenza la invisibilità dell’apparenza. Trasparenza vuol dire essere più visibili a sé stessi e agli altri, lasciando intravedere la sostanza interna, cioè l’anima, mentre apparenza vuol dire essere solo sostanza esterna, cioè materia, e ancor più invisibili a sé e agli altri, mostrando solo esteriorità. L’esteriorità rende invisibili, mentre l’interiorità rende visibili. Ecco che l’argento ritorna. Questo metallo, infatti, trova la sua luminosità solo quando si rimuovono gli strati superficiali che lo opacizzano”.

Per realizzare un progetto di cambiamento nel rapporto tra “Uomo e Natura – dice Sebastianelli – sarebbe utile che i quattro stadi a cui fa riferimento la psicologia analitica di Jung nel trattamento terapeutico, venissero applicati alla società in questa sequenza. Primo, l’educazione, punto di partenza per dare impulso al processo che condurrà alla consapevolezza di sé, attraverso il proporre punti di vista diversi rispetto al modo di affrontare la vita. Secondo, la chiarificazione, passaggio dalla comprensione puramente razionale degli eventi ad una più emozionale. Terzo, la catarsi: attraverso gli stadi precedenti si può giungere alla purificazione, che consente di nascere a nuova vita. Quarto, la trasformazione: elaborazione dei processi consci ed inconsci per poter raggiungere la metamorfosi”.

Quale applicazione pratica potrebbe avere tale progetto finalizzato alla produzione di un pensiero ecologico ? “Le prime due fasi, dell’educazione e della chiarificazione – dice Sebastianelli – potrebbero trovare applicazione all’interno di progetti scolastici, per formare le generazioni più giovani ad un pensiero ecologico, che renderebbe del tutto naturale comportarsi in sintonia con le esigenze dell’ambiente”.

Mentre, “le generazioni più adulte dovrebbero attraversare, invece, tutte e quattro le fasi per poter ipotizzare la formazione di un pensiero ecologico. Per questa finalità i mass media potrebbero essere di aiuto”. Non aiuta invece “la dilagante proposta di quiz di abilità per far veder quanto si è bravi ad associare, controllare o indovinare – sostiene la psicologa – L’uso del pensiero sarà faticoso, però va incentivato, anche sotto forma di gioco poichè è l’unica ancora di salvezza”. E per gioco, Sebastianelli, intende spazio creativo, domande che richiedano l’elaborazione di un pensiero e consentano risposte aperte e non chiuse come quelle dei quiz. “L’Umanità – rimarca – è sopravvissuta ed è progredita perché pensava, anzi speculava tra i meandri della mente, oggi questa attività non si pratica più e le conseguenze si vedono”.

“Solo con un lavoro speculativo del pensiero, costante e continuo – conclude Sebastianelli – si può ipotizzare di mantenere il rispetto di se stessi e della natura. L’argento se si abbandona perde la sua lucentezza, così come l’essere umano, se abbandona se stesso perde la sua luce interiore ed emerge il suo lato oscuro… primitivo… ctonio che Carl Gustav Jung chiamava Ombra”.