29 FEBBRAIO

29 FEBBRAIO

 

29 febbraio, un giorno che torna  ogni quattro anni, quindi rappresenta un evento da vivere consapevoli della sua rarità.

Febbraio, dal latino februarius, ovvero mese delle fumigazioni  atte a purificare, è, quindi, associato al fuoco del sacrificio di cerimonie sacre, che hanno caratterizzato la storia dell’umanità con diversi significati e finalità. Rilievo sembra essere dato al fumo prodotto dal fuoco, che può diffondere profumi  di essenze inebrianti, ma anche  rendere nebbioso l’orizzonte, impedendo la visuale. Sembra quasi che dipenda da noi quale uso farne di questo giorno speciale di  un  mese variabile.

Diradare la nebbia che, a volte, impedisce di vedere la strada da percorrere,   potrebbe aiutare a vivere con più leggerezza l’esistenza, lasciando che il fuoco riscaldi   e sciolga  l’ultimo ghiaccio dell’inverno, diffondendo nell’aria  purificanti  vapori.

Invocare la luce è il significato della radice indoeuropea, dhu, da cui discende il termine latino februaruis,  e il fuoco diffonde la luce  che consente di diradare il buio dell’inconsapevolezza, illuminando la coscienza che abita in ogni essere umano, affinché  si possa vivere e non sopravvivere.   

(I riferimenti etimologici del testo sono tratti dal Dizionario Indoeuropeo di F.Rendich, Palombi editore,2010)

 

Sira Sebastianelli

Psicologa-psicoterapeuta

ONDE GRAVITAZIONALI

 

 

Onde Gravitazionali

Una nuova finestra si è aperta sull’universo che consente di vedere oltre la siepe della conoscenza. Antenne americane ed europee hanno rilevato segnali che  confermano quanto aveva anticipato e ipotizzato lo scienziato Albert Einstein, circa l’esistenza delle onde gravitazionali trasmesse dallo scontro di  buchi neri che  abitano l’universo.  Quanto accade nella scienza non può non interessare la psicologia, poiché  ogni scoperta può avere risvolti  interessanti nella evoluzione dell’umanità.  Del resto, quanto ieri era solo  fantascienza, oggi, diventa sempre più realtà.  La stazione spaziale, per esempio,   orbitante intorno alla Terra, che ospita astronauti e astronaute, ormai, è un avamposto cosmico stabile e sempre più realistica  sembra essere la possibilità del viaggio umano su Marte.

Sui buchi neri, per tornare alla rilevazione delle onde,  si sa ben poco e molto si è ipotizzato e fantasticato. Non a caso, infatti,  quando  intendiamo sottolineare una situazione senza poterne prevedere i contorni  o l’entità della portata delle conseguenze, utilizziamo l’espressione “buco nero”.  Un buco nel quale si entra e non si può prevedere cosa ci può essere dentro e come se ne potrebbe uscire.   Un po’ come entrare in fasi della vita in cui non si riesce a intravedere nulla e si è completamente disorientati, finché  un’antenna interna non percepisca l’onda  prodotta dal disagio psichico, che impone  la ricerca di un raggio di luce nel buio in cui si è immersi.  Sembra un ossimoro affermare che un buco nero aiuti a far luce nell’universo fuori di noi e dentro di noi, ma  se si producono onde, forse, può significare che esiste una cassa di risonanza dove vibrano particelle di vita che risvegliano a nuova vita.

 

Sira Sebastianelli

IL GIUBILEO DELL’ARTE

Questo articolo è stato pubblicato nel n.29/2015   della rivista Urbis et Artis e, in occasione della giornata inaugurale del Giubileo 2015, ripropongo per i lettori di Thirdlife.it

 

IL GIUBILEO DELL’ARTE

8 dicembre 2015, inizio del  Giubileo straordinario, indetto da Papa Francesco. In anticipo di  dieci anni  si aprono le Porte Sante  per consentire  il passaggio del sacro soglio a  milioni di persone. Un evento spirituale che coinvolge il mondo cattolico, ma che scuote le coscienze di tutti, perché  il Giubileo è l’anno dell’ indulgenza, della remissione dei peccati e della purificazione dell’anima.   Gli uomini e le donne sono chiamati a un bilancio della propria esistenza, attraverso un atto introspettivo e meditativo. Non a caso nel mondo ebraico, dove  ebbe inizio   il Giubileo, l’anno giubilare prevedeva la sospensione del lavoro  per vivere dei frutti spontanei della terra,  in contatto diretto con la Natura.  Oggi sarebbe difficile sospendere il lavoro, ma vivere  con maggiore consapevolezza a stretto contatto con il mondo della Natura dovrebbe essere possibile. 

L’Arte può segnare la strada  per percorrere questo anno santo alla ricerca della  spiritualità, per elevare gli animi  e alleggerirli  dei carichi pesanti della fatica di vivere.  Il sentiero dell’ Arte, che ognuno di noi può conoscere seguendo la forma espressiva più congeniale a sé,  consente di trovare o di ritrovare la propria autenticità, unica condizione per  intraprendere il cammino della consapevolezza.

Ritornare al centro per ripartire dal centro, simbolicamente  rappresentato dal  pellegrinaggio verso la Basilica di San Pietro, centro della Cristianità, dove il pellegrino  giunge appesantito da catene  ingombranti  e  da dove riparte alleggerito e liberato da ogni schiavitù.

 L’anno giubilare inizialmente ricorreva ogni 100 anni, poi  alcuni  Papi lo hanno anticipato a 50 e a 25 anni, ritenendo, forse, di consentire a più generazioni l’accesso alla remissione dei peccati. Da qui si può desumere che, oggi. non si potevano aspettare altri dieci anni per il Giubileo  e quindi per la redenzione dell’anima, perché l’umanità   sta perdendo il senso della vita e del suo valore intrinseco.  Il soffio vitale che accompagna l’essere umano fin dalla nascita, è depotenziato dalla rabbia, dall’insoddisfazione, dalle ingiustizie  che inaspriscono gli animi al punto di legittimare qualunque azione, spesso distruttiva e mortifera,  finalizzata alla rivendicazione dei propri  “diritti”.  Una conversione di tendenza è possibile solo se si riprende in mano la propria esistenza  oltrepassando la soglia delle paludi  mortifere della negatività, per accedere alla dimensione  salvifica della creatività.  Qui l’arte  tende una mano forte e coraggiosa per sostenere la purificazione dell’anima, al  di là del credo religioso, perché  i luoghi dell’arte sono anche i luoghi dello spirito e dell’anima  e  qualunque produzione artistica non sarebbe possibile senza l’ascolto di sé nella consapevolezza di sé.

Arte, spiritualità, anima, natura, quindi,  costellano un universo  di tematiche su cui poter riflettere per un tempo infinito, ma  che riconducono sempre e comunque all’essere umano e al suo Giubileo.

          Sira Sebastianelli

ASILO&ISOLA:anagramma dell’anima

ASILO &  ISOLA: anagramma dell’anima

 

Sono, ormai, anni che vediamo, su tutti i media, barconi o gommoni carichi di persone che si spingono verso le coste italiane o greche per chiedere asilo. Barconi il cui scafo sprofonda in mare, lasciando affiorare a pelo d’acqua le sagome di donne, uomini e bambini, talmente pigiati l’uno contro l’altro che se ne perdono i contorni.  Non tutti, purtroppo, raggiungono la terra, ma chi, ne ha la fortuna, tocca il suolo dell’isola agognata  senza sapere  che nella lingua italiana isola è l’anagramma di asilo.

Nel  desiderio di salvezza  un’inconsapevole  congiunzione di due miraggi: asilo & isola.

In questi giorni la migrazione di tante persone segue le vie di terra, ma sempre con lo stesso scopo   di trovare una metaforica isola  di salvezza che dia asilo.

Asilo è il luogo da dove non si può essere portati via,  in cui si è al sicuro, e  l’isola  è un luogo che il mare protegge, ma che a volte imprigiona per la tempesta dei flutti.  Due termini che intrinsecamente racchiudono uno stesso significato rappresentato simbolicamente  da un cerchio,  all’interno del quale si è  protetti, ma dal quale  non sempre si può uscire.

La via di uscita sta nel superamento degli ostacoli  prodotti dalla paura del cambiamento che inevitabilmente la nuova realtà migrante produce.  Proprio quando si ha paura,però, si cerca un posto sicuro dove trovare rifugio e ognuno di noi avrebbe  diritto ad un’isola su cui approdare per chiedere asilo, per poterne  ripartire rinfrancati e rassicurati.  Come nell’infanzia il posto sicuro era il grembo materno oggi è la Grande  Madre, archetipo risvegliato dalla necessità di accogliere e nutrire.

Sira Sebastianelli

psicologa-psicoterapeuta

L’ATTESA TRA DESIDERIO E DELUSIONE

L’ATTESA TRA  DESIDERIO E DELUSIONE

La promessa di rivedere con più flessibilità la riforma Fornero  del 2011 (che ha elevato l’età per andare in pensione)  da parte dell’attuale governo Renzi, rimodulandone i limiti dell’età di uscita dal lavoro,  sembra non essere stata rispettata, almeno a quanto si legge sulla stampa in questi giorni. Una nuova doccia fredda per tutte le donne e gli uomini  che  speravano in un  cambiamento dei limiti d’età per raggiungere l’obiettivo pensione.  Già nel 2011,  commentando, in un’intervista sulla stampa, da un punto di vista psicologico la legge Fornero,   evidenziai i rischi  probabili che  l’aspettativa negata del desiderio di cambiare vita e di vedere realizzati i sogni di un meritato riposo, si sarebbero potuti  produrre sulla salute psico-fisica delle persone.    Le conseguenze possono investire  la sfera vitale di una persona che vede la propria progettualità  implodere  insieme alla speranza di  cambiamento,  per l’impatto con  il  muro delle logiche dell’ economia e della finanza internazionale   che massificano    le differenze e le diversità di ognuno.

Il lavoro dà dignità, ma non averne il riconoscimento del limite dà disperazione. L’impotenza attiva  passività che va a nutrire una vena depressiva di cui non è possibile  prevederne la profondità.  La pensione riguarda persone che hanno raggiunto già i sessant’anni d’età, ciò significa che le risorse per reagire alle avversità o all’imprevisto non sono le stesse che si potrebbero avere a trenta o a quarant’anni. A volte il lavoro è usurante, poco o per nulla gratificante,  ripetitivo,  che sollecita aggiornamenti tecnologici spesso frustranti per chi non ne ha più l’elasticità mentale, perché, allora, prolungarlo per tempi  psicologicamente incongrui?  Perché non lasciare  che sia facoltativa la decisione di elevare i propri tempi  per  andare in pensione, considerando che le differenze tra il  lavoro e gli individui che lo svolgono sono innumerevoli? Anche la differenza di genere non va trascurata, le donne, per esempio, sono, nel corso della loro vita, impegnate su più fronti (lavoro, casa, figli, genitori anziani,etc.), e più cresce l’età  più  cresce il loro desiderio di  recuperare il tempo per se stesse.

La qualità di vita andrebbe tutelata ad ogni costo, perché la vita è una, ed è un diritto viverla come si desidera dopo trenta e più anni di lavoro.  Purtroppo,  con  l’età che avanza  cresce anche il rischio di  soffrire di patologie che appesantiscono la quotidianità lavorativa con ripercussioni inevitabili  sul benessere generale.  Il dilemma “lavorare per vivere o vivere per lavorare” dovrebbe  trasformarsi nell’ affermazione “poter vivere anche dopo avere lavorato”.

Sira Sebastianelli

psicologa psicoterapeuta

ECLISSI DI PRIMAVERA

ECLISSI  DI  PRIMAVERA  20 marzo 2015

Equinozio  di primavera* ed eclissi di sole. Sembra un ossimoro!  La primavera non può fare il suo ingresso  con il sole offuscato, parzialmente o totalmente,  dalla luna. Il sole dovrebbe rinascere a primavera, perché dovrebbe accorciare la sua ombra per risvegliare le gemme, ma la luna invade il campo solare per essere protagonista, almeno una volta, dell’equinozio  di marzo.

La luna, simbolo femminile,   chiede visibilità  togliendola, forse  per invitare  la coscienza degli abitanti della Terra ad una riflessione insolita, ma necessaria?  Un invito ad osservare  l’ombra della luna, in un momento storico in cui la luce abbagliante del sole, simbolo maschile, produce miraggi mortiferi?

Tra  le popolazioni primitive eventi  come  l’eclissi del sole, producevano spavento e presagi di sventure, perché ignoravano cosa realmente accadesse. Oggi le sventure accadono al di là dei presagi e a conferma di ciò è sufficiente aprire la finestra sul mondo per vedere fuochi di distruzione e sentire  echi di esplosioni.  Allora, perché non ascoltare la voce della Luna che si scomoda per indurre  nell’essere umano  la  consapevolezza di quanto possa essere effimero pensare di poter dominare il Mondo,  all’interno di un Universo infinito, che, se decide di muoversi, non lascia scampo?

Tante domande che non trovano risposte e non prevedono risposte, perché ogni essere umano è portatore di conoscenza e tutto quello che dovrebbe  sapere può trovarlo dentro di sé  tra le luci e le ombre della propria esistenza,  affinché l’eclissi non sia della  coscienza.

 

*astronomicamente cade il 20 marzo

8’AVA NOTA

                                            8’ava nota

8’ava nota, la nota delle donne. Una nota che non c’è, o forse c’è, ma bisogna saperla cercare, perché non è prevedibile e non è scontata. Difficile dire se, collocare l’8’ava nota al di fuori della scala musicale, sia una caratteristica di distinzione o meno. Sicuramente è un suono a cui bisogna educare l’orecchio, non tanto quello fisico, quanto quello psichico.

Non esiste diapason che lasci vibrare l’8’ava nota per accordare il pensiero, come non esiste metronomo che ne scandisca il tempo.

Sia il  pensiero  che  il tempo delle Donne  sono cambiati  nel corso di  centinaia di secoli, con il contributo di donne coraggiose  conosciute e sconosciute, che hanno, tutte, rivendicato il diritto di vivere nel mondo senza confini. L’8’ava nota vibra  segnando una strada invisibile su cui faticosamente camminano le donne. L’8’ava nota vibra ancor di più l’8 marzo, giorno in cui ricorre “La Festa della Donna”,   quando si  organizzano eventi per sensibilizzare l’attenzione intorno al complesso mondo femminile.

Nel 2013, sempre su questo blog, misi l’8 marzo tra parentesi (8). Oggi all’8 pongo l’apostrofo, un segno di elisione che lascia presumere che qualcosa sia caduto, per lasciare il posto ad una presenza-assenza,  come le donne che ci sono, ma non ci sono.

Per esemplificare, prendo spunto da un evento di un anno fa quando si costituì il nuovo e attuale  Governo che divideva nelle giuste percentuali i  Ministeri  tra gli uomini e le donne. L’ operazione aritmetica  venne più volte rimarcata dai mass media  come un successo della legge  per le  pari opportunità e delle quote rosa.
Bene, anzi benissimo!

Però, finché ci sarà bisogno di sottolineare il numero delle donne, la parità è lontana, perché le donne dovrebbero esserci per diritto naturale e non legislativo.

Se il mondo, maschile e femminile, fosse uno spartito musicale,  sui righi e negli  spazi del pentagramma ci sarebbe posto per tutte le note, senza discriminazioni, nel rispetto obbligato della legge dell’Armonia Musicale. Ma, ahimè, così non è. La nota femminile è l’8’ava, e non trova posto naturalmente, bisogna crearlo.

In questi giorni Christine Lagarde, Direttrice del Fondo Monetario Internazionale, ha commentato, sul suo blog, i risultati di una ricerca circa i danni del sessismo nel mondo del lavoro, evidenziando la difficoltà delle donne ad avere un ruolo economicamente attivo.  A ciò ha fatto eco anche la dichiarazione di Patricia Arquette  che durante la Notte degli Oscar ha chiesto che le attrici avessero un trattamento economico pari a quello  degli attori.

Ovviamente l’equilibrio di genere non si riduce al potere economico,  ma forse è l’aspetto più, quantitativamente, misurabile.

Donne depotenziate, quindi, affinché  l’8’ava nota risuoni piano pianissimo, senza impeto e fuoco. Per fortuna,  però, il mondo femminile il fuoco lo porta dentro di sé, vivificante e salvifico per il genere umano, al di là di un forzato equilibrio di genere.

 

DIETRO L’ALBERO DI NATALE

                               DIETRO L’ALBERO DI NATALE

 

Questo mio articolo è stato  pubblicato sulla rivista n.23/2014 di Urbis et Artis e,    in occasione del Natale,  ripropongo  per i lettori di  Thirdlife.it.

 

 

La festività del Natale è alle porte e i simboli che la caratterizzano, come il presepe e l’albero, riprendono il loro posto nelle abitazioni di chi desidera rispettare la ritualità della tradizione.

L’albero di Natale è il simbolo più rappresentato nelle case, ma anche nelle strade e  nelle piazze delle città di tutto il Mondo,  addobbato, colorato e illuminato in tutti i modi più fantasiosi, ma lo stimolo  che mi spinge a scriverne è la curiosità di conoscere  la parte in ombra dell’albero.

È raro vedere un albero di Natale, almeno nelle abitazioni, al centro di una stanza, in genere è sempre posto in un angolo o a ridosso di una parete. Tant’è che la porzione di albero che non si vede è spesso disadorna o riempita con decorazioni di scarto (tanto non si vedono!).

Ma si può essere certi della invisibilità della parte in ombra dell’albero?

Razionalmente è evidente che il segmento spoglio non  si veda, ma   l’incompiutezza si  percepisce.  Come?

In genere ci si occupa poco di tutto quello che non è visibile, per esempio la facciata di una casa che rimane interna o nascosta non è mai decorata come quelle più esterne, le cantine o le soffitte non sono mai curate come gli appartamenti,  e così altri luoghi dove non è utile “perdere tempo”   con abbellimenti se, poi, nessuno li vedrà.  A volte, però, è proprio la parte più nascosta alla luce che avrebbe bisogno di attenzione e cura,  perché lì nasce  l’ombra.

L’ombra è un termine che da una parte spaventa, ma dall’altra seduce. Da una parte può essere magica o malefica, ma dall’altra può essere miracolosa o contaminante. Un affresco del Masaccio, situato nella Cappella Brancacci della Chiesa di Santa Maria del Carmine di Firenze, riproduce San Pietro che cura i malati con la propria ombra, mentre nel film Water della regista indiana Deepa Metha  si racconta la vita delle  donne che, rimaste vedove,   vivono ai margini della società e non possono “toccare” con la propria ombra  l’acqua, senza contaminarla e renderla imbevibile.  Inoltre, produrre ombra  è un segnale  di vitalità, poiché solo i   vampiri o i defunti  ne sono privi per inconsistenza corporea.

Difficilmente pensiamo alla nostra ombra, non solo a quella sagoma nera che si proietta sulla strada quando camminiamo, ma a quella parte di noi nascosta nelle profondità interiori, che si manifesta nella imprevedibilità dei comportamenti più aggressivi e inspiegabili, che  Carl  Gustav  Jung chiamava

Ombra: il lato archetipico, oscuro, inferiore, primitivo, che tanto più è lontano dalla coscienza, tanto più dirompe con i suoi accessi più distruttivi.

A questo punto è legittima la domanda: “Tutto questo dietro un albero di Natale?”. Se l’albero fosse  una trasposizione simbolica dell’essere umano,  la risposta sarebbe sì. E,  in effetti, lo è!

L’albero  riproduce un essere umano: con le sue radici, il suo tronco e la sua chioma.

Un essere umano con la sua personalità articolata e complessa come il tronco, il suo protendersi nel mondo  con braccia tese come i rami e la sua interiorità antica e profonda come  le radici.

Aver cura della parte più buia di sé, è cercare di conoscerla per illuminarla e integrarla nella propria personalità, nella  difficile strada che conduce alla congiunzione degli opposti.

Dietro  l’Albero di Natale , quindi, ci siamo noi, esseri umani, ognuno con le proprie  luci , ombre e  vulnerabilità.  Allora, perché non provare ad avere cura della zona d’ombra dell’Albero per aver cura della propria zona d’ombra e mettere una Stella di Natale anche  nella porzione disadorna, affinché si trasformi in una vera epifania di consapevolezza e conoscenza?

 

 

PSICHE IN PRIMA FILA

                   PSICHE IN PRIMA FILA

                La psicologia incontra il Cinema

 Giovedì 20 novembre 2014 alle ore 19.30, presso la sede  di VideoAmbiente in via Ostiense 193/d a Roma,   si apriranno gli Incontri Esperienziali  di Gruppo, dedicati al cinema.

La selezione dei film è a cura delle psicologhe e psicoterapeute Sira Sebastianelli e Tina Carone  che condurranno anche gli incontri di gruppo.

Nel percorso cine-psicologico saranno proiettati film come proiezione di tematiche legate all’esistenza  per     conoscerle, affrontarle e viverle in un’altra prospettiva, perché a volte non è cambiando vita che si risolvono le difficoltà, ma cambiandone il punto di vista.

 Gli incontri  sono rivolti  a chiunque fosse interessato a migliorare la  qualità della propria vita    di relazione, lavorativa, familiare e di coppia.

 Il primo incontro sarà di orientamento e di conoscenza  e si proietterà il film “La doppia vita di  Veronica” di Krzysztof Kieslowski.    Il film narra la storia di due donne,  che pur non conoscendosi, vivono la stessa vita, ma con un epilogo  diverso, a dimostrazione di quanto la psiche sia una componente fondamentale nelle scelte salvifiche o mortifere operate dall’essere umano.

Seguiranno, con cadenza quindicinale, proiezioni di film come ad esempio  Adele H.  di Francois Truffaut, Sinfonia d’Autunno di Ingmar Bergman, Kagemusha (l’Ombra del Guerriero) di Akira Kurosawa.

Film che propongono tematiche su cui riflettere  per approfondire la conoscenza di sé.

 Il Cinema propone storie in movimento pur nella staticità dello spettatore, un paradosso che evoca quella sensazione spesso vissuta nella quotidianità della vita in cui ci si ritrova a dire “la vita mi scorre davanti e non mi sento protagonista”. Ecco, con il  cine-percorso psicologico  l’obiettivo è fermarsi per comprendere un po’ alla volta segmenti della propria esistenza, rimetterla in movimento e tornare a esserne protagonisti.

 

 

 

solstizio d’estate

Solstizio d’estate

 

Qualcosa cambia, nell’aria, nel cielo, tra  le fronde degli alberi trafitte dai raggi del sole e nell’alone opacizzante che avvolge la luna, in estate qualcosa cambia.

 

La sensazione è  di una impercettibile,  lenta trasmutazione della vita.

Cosa accade?

Si  oltrepassa  la porta del solstizio d’estate quando  il sole raggiunge lo zenit nella sua parabola ascendente e  avvia quella discendente.  Il vento elettrizza l’aria rendendola  rovente, il termometro sale e l’atmosfera si fa rarefatta.

 

Nulla è più chiaro come prima, le donne e gli uomini si sentono avvolti in un involucro   translucente.

Il disordine si sovrappone all’ordine smarrito e la ricerca di nuove coordinate per individuare la strada si impone.  Questa è l’estate dell’anima che attraverso le dimenticanze e i ricordi propone un alleggerimento della memoria. Sì, perché l’estate richiede un bagaglio leggero da portare con sé, per consentire movimenti esplorativi più rapidi, mentre si passa in rassegna  quanto si è affastellato nel contenitore della vita nei mesi precedenti. 

 

In questo periodo è più facile sentirsi frastornati, insofferenti di fronte alle difficoltà o agli ostacoli che si incontrano nella quotidianità. Il sole più intensifica la sua luminosità e più crea ombre pesanti che calano come macigni sulle coscienze, stupefatte da tanta energia che si trasfonde nell’Io e che dirompe, a volte,  con accessi incontrollati.   

Estate, stagione della sospensione  e della intermittenza, a volte per scelta, a volte per necessità, a volte per obbligo. L’estate è la stagione della vacatio, cioè  dell’ assenza di impegni tipicamente caratterizzanti le altre stagioni.

 

Estate, contenitore vuoto che tra desiderio e nostalgia cerca nuovi contenuti, a volte difficili da trovare.

Nella favola della cicala e della formica di Esopo,  si stigmatizzava il comportamento irresponsabile della cicala che non provvedeva alle provviste per sopravvivere all’inverno, prediligendo la spensieratezza della vita estiva, diversamente della previdente formica che insaccava la sua tana di cibo.

 

È pur vero che essere cicale non è facile, come sembrerebbe, in quanto l’estate è la stagione in cui si vive la mancanza e l’assenza della routine, che per quanto monotona riempie l’esistenza di chi incontra difficoltà, al di là di quelle economiche, ad avere relazioni amicali,  scambi sociali soddisfacenti e risorse per crearne. La sospensione e l’intermittenza  della quotidianità che l’estate porta con sé, sono spesso subite, nonostante il desiderio di viverle.  

Il termine estate nella sua radice indoeuropea (idh,edh)  significa moto che  porta luce, ma anche accendere un fuoco.  Il fuoco può portare prosperità, ma può anche essere distruttivo. Il fuoco può essere sacro, ma anche infernale.

 

Il solstizio d’estate, come scrivevo all’inizio, è una porta, che si attraversa, come una frontiera che richiede la verifica della nostra identità, di chi siamo e di chi vorremmo essere ( non sarà un caso, ma in questo periodo, più che in altri, si smarriscono o si dimenticano i documenti di identità!).  La frontiera è un confine, che decreta la fine, ma anche l’ inizio di un nuovo territorio, nel quale avventurarsi con uno spirito esplorativo e conoscitivo. Il coraggio della conoscenza ridimensiona la paura dell’incognito, spingendo avanti, per accedere a quella trasmutazione della vita che l’estate porta con sé.