ASILO & ISOLA: anagramma dell’anima
Sono, ormai, anni che vediamo, su tutti i media, barconi o gommoni carichi di persone che si spingono verso le coste italiane o greche per chiedere asilo. Barconi il cui scafo sprofonda in mare, lasciando affiorare a pelo d’acqua le sagome di donne, uomini e bambini, talmente pigiati l’uno contro l’altro che se ne perdono i contorni. Non tutti, purtroppo, raggiungono la terra, ma chi, ne ha la fortuna, tocca il suolo dell’isola agognata senza sapere che nella lingua italiana isola è l’anagramma di asilo.
Nel desiderio di salvezza un’inconsapevole congiunzione di due miraggi: asilo & isola.
In questi giorni la migrazione di tante persone segue le vie di terra, ma sempre con lo stesso scopo di trovare una metaforica isola di salvezza che dia asilo.
Asilo è il luogo da dove non si può essere portati via, in cui si è al sicuro, e l’isola è un luogo che il mare protegge, ma che a volte imprigiona per la tempesta dei flutti. Due termini che intrinsecamente racchiudono uno stesso significato rappresentato simbolicamente da un cerchio, all’interno del quale si è protetti, ma dal quale non sempre si può uscire.
La via di uscita sta nel superamento degli ostacoli prodotti dalla paura del cambiamento che inevitabilmente la nuova realtà migrante produce. Proprio quando si ha paura,però, si cerca un posto sicuro dove trovare rifugio e ognuno di noi avrebbe diritto ad un’isola su cui approdare per chiedere asilo, per poterne ripartire rinfrancati e rassicurati. Come nell’infanzia il posto sicuro era il grembo materno oggi è la Grande Madre, archetipo risvegliato dalla necessità di accogliere e nutrire.
Sira Sebastianelli
psicologa-psicoterapeuta