IL DORMIENTE
Chissà se nel presepe di Casa Cupiello c’era la statuina del pastore dormiente? Probabilmente sì, considerando la cura con cui lo preparava Luca Cupiello, il personaggio-protagonista dell’opera teatrale “Natale in casa Cupiello” di Eduardo de Filippo.
Il Dormiente: presenza singolare nel Presepe, che incuriosisce, per l’ apparente funzione incongrua del pastore che dorme, mentre tutto il villaggio è in fermento per l’annuncio della divina nascita. Tutte le statuine del presepe, in realtà, hanno un loro significato ben preciso, ma è sul dormiente che vorrei riflettere.
Il dormiente può essere considerato sia colui che dorme per essere svegliato e sia colui che dorme dopo aver vegliato.
Il sonno è una funzione fisiologica così naturale dell’essere vivente, ma così pregna di significati simbolici e psicologici.
Il fascino del dormiente, infatti, ha stimolato anche la creatività di artisti come Caravaggio con il suo “Amore dormiente” o come Tamara de Lempicka con la “Donna dormiente” o Giorgione con la “Venere dormiente”. Il sonno, in fondo, rivela i tratti più autentici di chi dorme, senza rigidità difensive che induriscono le espressioni del volto. È pur vero che, durante il sonno, gli occhi si chiudono, come una finestra alla luce del sole, sottraendo il dormiente alla reciprocità dello sguardo di chi osserva, ma è proprio la sospensione della coscienza che l’artista, probabilmente, cerca di cogliere nell’Opera.
Il sonno porta con sé un alone magico di mistero, forse per l’abbandono,di chi dorme, del controllo della vita cosciente o per il suo ritirarsi in un mondo abitato da immagini oniriche, che fluttuano in una dimensione impalpabile e impenetrabile. Il sonno è la porzione di vita più intrigante della veglia, proprio per la sensazione di non poterlo vivere dal di fuori, ma solo dal di dentro, come una vita parallela “sognata”, ma apparentemente non “vissuta”. Il sonno, un ponte notturno che congiunge la fine e l’inizio del giorno dell’esistenza, così come in architettura la trave dormiente funge da raccordo tra due pilastri, nella ripartizione dei carichi di una costruzione. Il nostro pastore dormiente, quindi, dorme per “aver operato bene”, come vorrebbe il significato del termine indoeuropeo svap o per accogliere un’ “offerta di benessere”, come vorrebbe il termine greco eùdo?
“Ma cos’è dunque il sonno? (…) Il sonno è uno stato nel quale io non voglio saper nulla del mondo esterno, ho ritirato da esso il mio interesse. (…). Nell’addormentarmi dico dunque al mondo esterno: lasciami in pace perché voglio dormire. Il bambino al contrario dice: non vado ancora a dormire, non sono stanco, voglio avere qualche altra esperienza. La tendenza biologica del sonno sembra essere quindi il ristoro, il suo carattere psicologico il venir meno dell’interesse per il mondo.(Freud, S., Opere vol.VIII, Boringhieri, Torino, 1976, pag. 263,264).
Cosa ne sarebbe della veglia se non ci fosse il sonno? Cosa ne sarebbe della consapevolezza se non ci fosse l’inconsapevolezza, simbolicamente rappresentate dall’occhio aperto o chiuso, attraverso cui ha accesso o meno la luce della coscienza?
“L’iconografia dell’occhio che veglia precisa che la luce ha anche un significato di vigilanza, la quale è una funzione psichica strettamente connessa con quella della coscienza. La luce della vigilanza e della coscienza che sprigiona dalla grotta di Bethlehem si contrappone al buio dell’inconscietà e all’ottundimento ottenebrato di coloro che dormono ignari e che saranno simbolizzati nel presepe dal pastore dormiente.” (Widmann,C., La simbologia del presepe, Ma.Gi, Roma,2004 pag.247) .
Il pastore dormiente, quindi, sarebbe un ignaro, chi non sa e non vuole sapere, un po’ come chi, nel corso della propria esistenza attraversa periodi in cui ha la sensazione che la vita scorra come un film, dove le vicende accadono senza una partecipazione attiva del protagonista.
Dormire è un po’ morire, recitava Amleto. Il dormiente muore per un po’ alla vita, sospendendo ogni coinvolgimento emotivo da essa, come avviene in Natura, per esempio, con la ghianda dormiente, che può sbocciare anche dopo un secolo, mantenendo una funzione attiva nella passività dell’attesa. Allora, perché non pensare che la coscienza dormiente, alias pastore dormiente, attenda il risveglio, il richiamo della vita che nasce, portatrice della luce della conoscenza?