Lisboa

Oggi, 21 gennaio 2013, sul quotidiano La Repubblica, Alberto Arbasino ha scritto un articolo su Lisbona e di quanto gli spazi culturali della città  stiano risentendo della crisi economica. Nell’articolo, Lisbona  è definita “la capitale più malinconica d’Europa”, ed è incredibile come, questa splendida città, offra molto spesso  questa percezione  tinta di grigio scuro.
La  portoghese Lisboa, in effetti,  è un luogo di una bellezza crepuscolare che aumenta il suo fascino con la luz della notte.
Primo, e, nello stesso tempo, ultimo baluardo del continente occidentale, sembra fuggire, scivolare via verso l’oceano, per ricongiungersi al Nuovo Mondo, quasi a seguirne il richiamo.  Un richiamo ambivalente, tra il desiderio di partire e nello stesso tempo di restare, che implode nella melodia del Fado in tutta la sua dirompenza nostalgica.
Una città  che indugia nel passato, ma che osserva con circospezione e un po’ di inibizione, l’arrivo  del nuovo che avanza, con polverosa fatica, ma con tanta dignità.  La stessa dignità dei suoi abitanti, taciturni,  nervosi che ridono poco, percorsi da una   vena malinconica  che, simbolicamente,  i loro mitici tram tracciano  su  tortuosi binari.
Una città dalla bellezza intrinseca come le opere del suo più rappresentativo esponente della letteratura: Pessoa, che faustianamente troneggia e campeggia  sulla città.

Lisbona è una città che si scopre un po’ alla volta, gradualmente nel tempo, attraverso la traccia che il ricordo imprime nella memoria, soprattutto quando si è lontani. Molti sono gli artisti che  hanno scritto, dipinto, fotografato o filmato la città di Lisbona,  rapiti dall’ abbondanza delle emozioni che  riesce a evocare,  nel silenzio dello scorrere delle sue maestose nuvole.

A questo punto non posso  che dire: obrigada, Lisboa.

IL DORMIENTE

IL DORMIENTE

 

 

Chissà se nel presepe di Casa Cupiello  c’era la statuina del pastore dormiente? Probabilmente sì, considerando la cura con cui lo preparava   Luca Cupiello, il personaggio-protagonista dell’opera teatrale “Natale in casa Cupiello”  di Eduardo  de Filippo.

Il Dormiente: presenza singolare nel Presepe, che incuriosisce,  per l’ apparente funzione  incongrua del pastore  che dorme, mentre tutto il villaggio è in fermento per  l’annuncio della divina nascita.  Tutte le statuine del presepe, in realtà, hanno un loro significato ben preciso, ma è sul dormiente che vorrei riflettere.

Il dormiente può essere considerato sia colui che dorme per essere svegliato e sia colui che dorme dopo aver vegliato.

Il sonno  è una funzione fisiologica così naturale dell’essere vivente, ma così pregna di significati simbolici e psicologici.

 

Il fascino del dormiente, infatti,  ha stimolato anche la creatività di artisti come Caravaggio con il suo “Amore dormiente” o come Tamara de Lempicka con la “Donna dormiente” o Giorgione con la “Venere dormiente”. Il sonno, in fondo, rivela i tratti più autentici di chi dorme, senza  rigidità difensive che induriscono le espressioni del volto. È pur vero che, durante il sonno, gli occhi si chiudono, come  una finestra alla luce del sole, sottraendo il dormiente alla  reciprocità dello sguardo di chi  osserva, ma è proprio la sospensione della coscienza che l’artista, probabilmente, cerca di cogliere nell’Opera.

 

Il sonno porta con sé un alone magico di mistero, forse per l’abbandono,di chi dorme, del controllo della vita  cosciente o  per il suo  ritirarsi  in un mondo abitato da immagini oniriche, che fluttuano in una dimensione impalpabile e impenetrabile. Il sonno è la porzione di vita più intrigante della veglia, proprio per la sensazione di non poterlo vivere dal di fuori, ma solo dal di dentro, come una vita parallela “sognata”, ma apparentemente non “vissuta”. Il sonno, un  ponte notturno  che congiunge  la fine e l’inizio del  giorno dell’esistenza, così come in architettura la trave dormiente funge da raccordo tra due pilastri,  nella ripartizione dei carichi di una costruzione.  Il nostro pastore dormiente, quindi, dorme per “aver operato bene”, come vorrebbe il significato del termine indoeuropeo svap o per accogliere un’ “offerta di benessere”, come vorrebbe il  termine greco eùdo?

 

“Ma cos’è dunque il sonno? (…) Il sonno è uno stato nel quale io non voglio saper nulla del mondo esterno, ho ritirato da esso il mio interesse. (…). Nell’addormentarmi dico dunque al mondo esterno: lasciami in pace perché voglio dormire. Il bambino al contrario dice: non vado ancora a dormire, non sono stanco, voglio avere qualche altra esperienza. La tendenza biologica del sonno sembra essere quindi il ristoro, il suo carattere psicologico il venir meno dell’interesse per il mondo.(Freud, S., Opere vol.VIII, Boringhieri, Torino, 1976, pag. 263,264).

 

Cosa ne sarebbe della veglia se non ci fosse il sonno? Cosa ne sarebbe della consapevolezza se non ci fosse l’inconsapevolezza, simbolicamente rappresentate dall’occhio aperto o chiuso, attraverso cui ha accesso o meno la luce della coscienza?

“L’iconografia dell’occhio che veglia precisa che la luce ha anche un significato di vigilanza, la quale è una funzione psichica strettamente connessa con quella della coscienza. La luce della vigilanza e della coscienza che sprigiona dalla grotta di Bethlehem si contrappone al buio dell’inconscietà e all’ottundimento ottenebrato di coloro che dormono ignari e che saranno simbolizzati nel presepe dal pastore dormiente.” (Widmann,C., La simbologia del presepe, Ma.Gi, Roma,2004 pag.247) .

 

Il pastore dormiente, quindi, sarebbe un ignaro, chi non sa e  non vuole sapere, un po’ come chi, nel corso della propria esistenza attraversa  periodi in cui  ha la sensazione che la   vita scorra come un film,  dove  le vicende accadono senza una partecipazione attiva del protagonista.

 

Dormire è un po’ morire, recitava Amleto.  Il dormiente  muore   per un po’ alla vita, sospendendo ogni coinvolgimento emotivo da essa, come avviene in  Natura, per esempio, con la   ghianda dormiente, che può sbocciare anche dopo un secolo, mantenendo una funzione attiva nella passività dell’attesa.  Allora, perché non pensare che la coscienza dormiente, alias  pastore dormiente,  attenda    il risveglio,   il richiamo della vita che nasce, portatrice della luce della conoscenza?

 

 

 

L’INTERVALLO DELLA NATURA

L’INTERVALLO DELLA NATURA

 

Inquinamento acustico = Inquinamento della coscienza

 

Qual è il suono della Natura?

Se si  ascoltano  gli stimoli che fanno vibrare  i timpani degli orecchi,  si riconoscono rumori di automobili, autobus, aerei, ma di suoni naturali nessuna traccia! Anzi, no, il cinguettio di un uccello ci stupisce, forse è in gabbia o forse è tra quelli che, come riporta un articolo del 20 novembre 2012 pubblicato sul quotidiano  la Repubblica, costretto dai rumori umani, alza il tono della voce per farsi sentire dagli altri suoi simili?

A quanto si legge nell’articolo dovrebbe  trattarsi proprio di un cinguettio forzatamente innalzato nel tono, fenomeno che riguarderebbe  anche tutti gli altri animali dalle balene ai grilli, dalle rane ai passeri. Lo studio della biologa Ulrike Lampe dell’università di Biedefeld in Germania, riportato nell’articolo di La Repubblica,  ha evidenziato anche quanto i vocalizzi, spesso richiami d’amore,  modificati nelle tonalità non siano più graditi e riconosciuti dalle femmine della specie.

Che vita dura per il popolo della Natura, alle prese con l’orchestra disarmonica degli umani,  che impone di sforzare l’ugola e di gonfiare i polmoni.

Gli animali,   avrebbero voglia  di gridare: “Silenzio!”? Forse sì!

Anche perché,  tutte le specie animali, che abitano la Terra, hanno l’ora del silenzio  indicata come  l’heure bleue (l’ora blu), l’ora di confine tra  la fine della notte e l’inizio del giorno, quando gli animali notturni tacciono e quelli del giorno sono ancora silenti.

 

L’heure bleue, un momento magico, da vivere in apnea, per ascoltare il silenzioso   passaggio di consegne  tra il popolo del buio  e il popolo della luce,  immersi in uno spettacolo, ineguagliabile, della Natura.  Gli esseri umani  non hanno l’ora blu, o, comunque, l’hanno persa, gli esseri umani non conoscono il silenzio, non lo praticano, ne hanno paura.  Il rumore esterno sovrasta il rumore interno dei pensieri che cadono, come gocce di  pietra,  nell’oblio della memoria. Cuffie stereofoniche posizionate sui padiglioni auricolari illudono di poter cambiare la colonna sonora della vita, non sempre gradevole,  e sono  usate come una momentanea rimozione del rumore, ma anche dei pensieri.  I  rumori e i pensieri, però, sono sempre lì, pronti a entrare nei canali uditivi della coscienza, finché  non arrivi anche per gli uomini e le donne della Terra l’heure bleue, per consentire loro di  entrare in ascolto di sé, unica condizione per abbassare il volume del rumore.  Solo così, sarà possibile restituire al resto degli abitanti della Natura, i loro toni autentici e le loro voci intonate alla  specie di appartenenza.

LA MANUTENZIONE DEL TEMPO

 

LA  MANUTENZIONE DEL TEMPO

 

Tra qualche settimana tornerà l’ora scandita dalla luminosità solare. L’ora legale lascerà, anche se per pochi mesi, il Tempo al metronomo  del sole e le lancette dell’orologio  si sposteranno  indietro di un’ora.

La tecnologia ci fornisce orologi che spostano  autonomamente le lancette, con la programmazione digitale satellitare, per cui senza sforzo ci troveremo proiettati nel passato o nel futuro anche se solo di un’ora.

Il rituale giro delle lancette dell’orologio, quindi, è un gesto  quasi in disuso, ma, forse,   l’unico che darebbe la sensazione di effettuare la “Manutenzione del Tempo”.

Manutenzione ancora in uso negli antichi Palazzi storici,  per  la presenza di  innumerevoli orologi a pendolo o comunque analogici, che richiede, necessariamente, la mano umana per  spostare le preziose e fragili lancette del tempo: un lavoro quasi  inesauribile, per il bisogno di dare la “corda”, quotidianamente, ai misuratori del tempo.

Il Tempo, naturalmente, scorre anche senza orologio.

L’orologio è un’ illusoria  gabbia del tempo, con i suoi minuti e secondi, utile a non perdere un aereo o un treno, ma inutile alla percezione del tempo. L’essere umano anche nei tempi più remoti ha sempre, però, sentito l’esigenza di misurare il Tempo, con le clessidre, (prima con l’acqua, poi con la sabbia), e con le meridiane.  Le antiche meridiane segnavano il tempo attraverso l’ombra che il sole proiettava sull’asse centrale del quadrante  disegnato sui muri.

Il Tempo, “ la misura del moto della luce” (1),  scandito dall’ombra!

L’ombra come misura della luce, sembrerebbe un ossimoro, in realtà,  è  simbolo di   quanto siano interconnessi  i duplici aspetti, ombra-luce, che la  vita  alberga in sé.    Soltanto quando il sole è  perpendicolare all’asse della meridiana, a mezzogiorno, lo gnomone  è privo di ombra.    Un istante senza ombra, che nessuna ora legale potrà modificare, in cui gli opposti sembrano, quasi magicamente, trovare il loro congiungimento. La perpendicolarità del sole  accade ogni giorno da milioni di anni,  in una ricorrenza del Tempo che si fa infinito nella  staticità dell’istante, senza che essere vivente ne abbia consapevolezza. Insieme al sole, ogni giorno viviamo seguendo la sua parabola ascendente e discendente,  dove le ombre si accorciano e si allungano, passando attraverso la verticalità dell’istante, in cui raggiungiamo una inconsapevole congiunzione degli opposti, la stessa che, empiricamente, potremmo  osservare quando le lancette dell’orologio si sovrappongono, operazione sempre più rara poiché sempre meno pratichiamo la “Manutenzione del Tempo”.

(1) F. Rendich, Dizionario Indoeuropeo, Palombi editori, Roma, pag.122

 

Sira Sebastianelli

psicologa-psicoterapeuta

IL QUOTIDIANO DELLA MEMORIA O LA MEMORIA DEL QUOTIDIANO?

IL QUOTIDIANO DELLA MEMORIA O LA MEMORIA DEL QUOTIDIANO?

 Un’abitudine consolidata, come quella di comprare il quotidiano ogni mattina, ci distrae dal renderci consapevoli del fardello inquietante che mettiamo sotto il braccio.

La strada che percorriamo per raggiungere un’edicola spesso è popolata di persone che svolgono le proprie attività, bambini che giocano nelle aree pubbliche o nei giardini delle scuole, automobili che passano, paesaggi della vita che scorre. Camminiamo e, contemporaneamente, buttiamo l’occhio sulla prima pagina del giornale e leggiamo di guerre vicine, di morti,  di guerriglie intestine in Paesi lontani e  all’improvviso si percepisce uno stridio nel cervello, tra la realtà tridimensionale e quella bidimensionale,  avvertendo una scissione profonda.

Ogni giorno si leggono notizie relative ai delitti più efferati, alle bombe che distruggono intere popolazioni, a vicende politiche che lasciano attoniti,  tutte  sgomitanti sulla stessa  pagina, private, però, della terza dimensione che le svuota, da una parte, dell’emozione, ma dall’altra, paradossalmente, provoca una dirompente reazione percettiva surreale. In una ventina di pagine c’è il peso del Mondo con tutte le sue contraddizioni che tranquillamente portiamo in mano, in auto o che lasciamo  distrattamente sul sedile dell’autobus o del treno, dopo averlo letto velocemente.

Si sta perdendo, forse, la consapevolezza della realtà?  Ciò che si legge  esiste per un tempo limitato  di  ventiquattro ore, quando un nuovo quotidiano uscirà?

Anche il giornale virtuale non favorisce  una migliore percezione della realtà. Il medium digitale  sigilla le notizie nella sua memoria rigida, alleggerendo il lettore del  pesante fardello  del ricordo.   L’emozione, relativa a ciò che si legge, sul web diventa anch’essa virtuale e  cambia connotati,   più amplificata dalle immagini cristalline che rimbalzano fuori dal video e meno realistica  per il verticale  scorrere rapido sui cursori, che toglie il respiro alla pagina. Tant’è che nella lettura bulimica di tutte le notizie cui si può accedere, nel web-spazio, la saturazione provoca l’espulsione di buona parte di quanto si è letto o forse solo guardato. Se, però, non ci si sofferma mai  o poco a riflettere che quanto  accade nel  Mondo accade a essere umani o per mano di esseri umani,   sarà difficile accedere  con partecipazione empatica alle  emozioni coinvolte e poterle  sedimentare  nella memoria del quotidiano passando per il quotidiano della memoria.

 

 

ATTRAZIONE FATALE


Un articolo pubblicato sul Corriere della Sera del 25 settembre 2012,  traccia la dinamica di uno scontro tra un treno e un tir. Il mezzo pesante,  molto probabilmente, ha causato  l’incidente, attraversando il passaggio a livello  mentre le sbarre si stavano abbassando.

I passaggi a livello sembrano essere la causa più frequente di incidenti, secondo quanto si legge nell’articolo citato, tant’è che i dati diffusi dall’Agenzia Nazionale della Sicurezza  riportano solo per il 2011  16 morti e tre feriti gravi.

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GIRAFFA: la fuga verso un sogno, infranto


In questi giorni,  si è scritto e parlato molto intorno   alla fuga  da un circo di una Giraffa e  alla sua morte.

L’insolita notizia ha destato scalpore non tanto per la fuga di un animale da un circo, evento abbastanza frequente, quanto  perché    il quadrupede era una Giraffa.

Un animale, la Giraffa, di cui non si parla mai,   la troviamo solo riprodotta tra i  souvenir africani o tra i peluche dei bambini.

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Autunno, la stagione senza rumore


L’Autunno è alle porte. La Terra è illuminata da una luce diversa, i raggi del sole la raggiungono senza trafiggerla. Gli uomini e le donne sono  più inclini a guardarsi intorno con la sensazione che il tempo rallenti. Le foglie verdi si tingono di  giallo o di rosso per poi perdere la linfa e cadere senza rumore sulla terra, che le accoglierà per trasformarle in humus.

Ecco, forse, l’autunno è una stagione che non fa rumore, come le sue foglie.

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Cos’è la solitudine?


……… un foglio bianco che aspetta di ricevere   lettere che formino parole significative.

Più  dirompe la stanchezza di essere affettivamente soli e più ci si ritrova ad essere soli, perché non ci si sente nella condizione psicologica di stare  con gli altri. Ci si sente mancanti e non più in grado di compensare l’assenza di contatti sociali con surrogati  reali o  virtuali.

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LA TERRA TREMA

LA TERRA TREMA

La Terra si muove, si spacca, apre  varchi e  mostra le sue viscere.

Lo scuotimento degli animi è violento, dirompe un senso di impotenza e l’essere umano si scontra con la sua finitezza.

Si dimentica troppo spesso che la Terra è una sfera, che gira intorno al Sole, che gira intorno a se stessa e al suo interno c’è  energia esplosiva.

La parola terremoto ricorre  in senso metaforico, nel linguaggio comune, per indicare sconvolgimenti estremi  in ambito familiare, sociale, politico ed economico, ma quando arriva realmente, senza eufemismi, ci si sente catapultati dal mondo virtuale a quello reale.  Il sisma ci riconduce alla Terra e  alla sua dimensione tridimensionale che si manifesta con  spietata concretezza, quasi a dire: ciò che è silente non è inerte, la Natura può essere  dormiente, ma mai morta.