ECLISSI DI PRIMAVERA

ECLISSI  DI  PRIMAVERA  20 marzo 2015

Equinozio  di primavera* ed eclissi di sole. Sembra un ossimoro!  La primavera non può fare il suo ingresso  con il sole offuscato, parzialmente o totalmente,  dalla luna. Il sole dovrebbe rinascere a primavera, perché dovrebbe accorciare la sua ombra per risvegliare le gemme, ma la luna invade il campo solare per essere protagonista, almeno una volta, dell’equinozio  di marzo.

La luna, simbolo femminile,   chiede visibilità  togliendola, forse  per invitare  la coscienza degli abitanti della Terra ad una riflessione insolita, ma necessaria?  Un invito ad osservare  l’ombra della luna, in un momento storico in cui la luce abbagliante del sole, simbolo maschile, produce miraggi mortiferi?

Tra  le popolazioni primitive eventi  come  l’eclissi del sole, producevano spavento e presagi di sventure, perché ignoravano cosa realmente accadesse. Oggi le sventure accadono al di là dei presagi e a conferma di ciò è sufficiente aprire la finestra sul mondo per vedere fuochi di distruzione e sentire  echi di esplosioni.  Allora, perché non ascoltare la voce della Luna che si scomoda per indurre  nell’essere umano  la  consapevolezza di quanto possa essere effimero pensare di poter dominare il Mondo,  all’interno di un Universo infinito, che, se decide di muoversi, non lascia scampo?

Tante domande che non trovano risposte e non prevedono risposte, perché ogni essere umano è portatore di conoscenza e tutto quello che dovrebbe  sapere può trovarlo dentro di sé  tra le luci e le ombre della propria esistenza,  affinché l’eclissi non sia della  coscienza.

 

*astronomicamente cade il 20 marzo

8’AVA NOTA

                                            8’ava nota

8’ava nota, la nota delle donne. Una nota che non c’è, o forse c’è, ma bisogna saperla cercare, perché non è prevedibile e non è scontata. Difficile dire se, collocare l’8’ava nota al di fuori della scala musicale, sia una caratteristica di distinzione o meno. Sicuramente è un suono a cui bisogna educare l’orecchio, non tanto quello fisico, quanto quello psichico.

Non esiste diapason che lasci vibrare l’8’ava nota per accordare il pensiero, come non esiste metronomo che ne scandisca il tempo.

Sia il  pensiero  che  il tempo delle Donne  sono cambiati  nel corso di  centinaia di secoli, con il contributo di donne coraggiose  conosciute e sconosciute, che hanno, tutte, rivendicato il diritto di vivere nel mondo senza confini. L’8’ava nota vibra  segnando una strada invisibile su cui faticosamente camminano le donne. L’8’ava nota vibra ancor di più l’8 marzo, giorno in cui ricorre “La Festa della Donna”,   quando si  organizzano eventi per sensibilizzare l’attenzione intorno al complesso mondo femminile.

Nel 2013, sempre su questo blog, misi l’8 marzo tra parentesi (8). Oggi all’8 pongo l’apostrofo, un segno di elisione che lascia presumere che qualcosa sia caduto, per lasciare il posto ad una presenza-assenza,  come le donne che ci sono, ma non ci sono.

Per esemplificare, prendo spunto da un evento di un anno fa quando si costituì il nuovo e attuale  Governo che divideva nelle giuste percentuali i  Ministeri  tra gli uomini e le donne. L’ operazione aritmetica  venne più volte rimarcata dai mass media  come un successo della legge  per le  pari opportunità e delle quote rosa.
Bene, anzi benissimo!

Però, finché ci sarà bisogno di sottolineare il numero delle donne, la parità è lontana, perché le donne dovrebbero esserci per diritto naturale e non legislativo.

Se il mondo, maschile e femminile, fosse uno spartito musicale,  sui righi e negli  spazi del pentagramma ci sarebbe posto per tutte le note, senza discriminazioni, nel rispetto obbligato della legge dell’Armonia Musicale. Ma, ahimè, così non è. La nota femminile è l’8’ava, e non trova posto naturalmente, bisogna crearlo.

In questi giorni Christine Lagarde, Direttrice del Fondo Monetario Internazionale, ha commentato, sul suo blog, i risultati di una ricerca circa i danni del sessismo nel mondo del lavoro, evidenziando la difficoltà delle donne ad avere un ruolo economicamente attivo.  A ciò ha fatto eco anche la dichiarazione di Patricia Arquette  che durante la Notte degli Oscar ha chiesto che le attrici avessero un trattamento economico pari a quello  degli attori.

Ovviamente l’equilibrio di genere non si riduce al potere economico,  ma forse è l’aspetto più, quantitativamente, misurabile.

Donne depotenziate, quindi, affinché  l’8’ava nota risuoni piano pianissimo, senza impeto e fuoco. Per fortuna,  però, il mondo femminile il fuoco lo porta dentro di sé, vivificante e salvifico per il genere umano, al di là di un forzato equilibrio di genere.

 

DIETRO L’ALBERO DI NATALE

                               DIETRO L’ALBERO DI NATALE

 

Questo mio articolo è stato  pubblicato sulla rivista n.23/2014 di Urbis et Artis e,    in occasione del Natale,  ripropongo  per i lettori di  Thirdlife.it.

 

 

La festività del Natale è alle porte e i simboli che la caratterizzano, come il presepe e l’albero, riprendono il loro posto nelle abitazioni di chi desidera rispettare la ritualità della tradizione.

L’albero di Natale è il simbolo più rappresentato nelle case, ma anche nelle strade e  nelle piazze delle città di tutto il Mondo,  addobbato, colorato e illuminato in tutti i modi più fantasiosi, ma lo stimolo  che mi spinge a scriverne è la curiosità di conoscere  la parte in ombra dell’albero.

È raro vedere un albero di Natale, almeno nelle abitazioni, al centro di una stanza, in genere è sempre posto in un angolo o a ridosso di una parete. Tant’è che la porzione di albero che non si vede è spesso disadorna o riempita con decorazioni di scarto (tanto non si vedono!).

Ma si può essere certi della invisibilità della parte in ombra dell’albero?

Razionalmente è evidente che il segmento spoglio non  si veda, ma   l’incompiutezza si  percepisce.  Come?

In genere ci si occupa poco di tutto quello che non è visibile, per esempio la facciata di una casa che rimane interna o nascosta non è mai decorata come quelle più esterne, le cantine o le soffitte non sono mai curate come gli appartamenti,  e così altri luoghi dove non è utile “perdere tempo”   con abbellimenti se, poi, nessuno li vedrà.  A volte, però, è proprio la parte più nascosta alla luce che avrebbe bisogno di attenzione e cura,  perché lì nasce  l’ombra.

L’ombra è un termine che da una parte spaventa, ma dall’altra seduce. Da una parte può essere magica o malefica, ma dall’altra può essere miracolosa o contaminante. Un affresco del Masaccio, situato nella Cappella Brancacci della Chiesa di Santa Maria del Carmine di Firenze, riproduce San Pietro che cura i malati con la propria ombra, mentre nel film Water della regista indiana Deepa Metha  si racconta la vita delle  donne che, rimaste vedove,   vivono ai margini della società e non possono “toccare” con la propria ombra  l’acqua, senza contaminarla e renderla imbevibile.  Inoltre, produrre ombra  è un segnale  di vitalità, poiché solo i   vampiri o i defunti  ne sono privi per inconsistenza corporea.

Difficilmente pensiamo alla nostra ombra, non solo a quella sagoma nera che si proietta sulla strada quando camminiamo, ma a quella parte di noi nascosta nelle profondità interiori, che si manifesta nella imprevedibilità dei comportamenti più aggressivi e inspiegabili, che  Carl  Gustav  Jung chiamava

Ombra: il lato archetipico, oscuro, inferiore, primitivo, che tanto più è lontano dalla coscienza, tanto più dirompe con i suoi accessi più distruttivi.

A questo punto è legittima la domanda: “Tutto questo dietro un albero di Natale?”. Se l’albero fosse  una trasposizione simbolica dell’essere umano,  la risposta sarebbe sì. E,  in effetti, lo è!

L’albero  riproduce un essere umano: con le sue radici, il suo tronco e la sua chioma.

Un essere umano con la sua personalità articolata e complessa come il tronco, il suo protendersi nel mondo  con braccia tese come i rami e la sua interiorità antica e profonda come  le radici.

Aver cura della parte più buia di sé, è cercare di conoscerla per illuminarla e integrarla nella propria personalità, nella  difficile strada che conduce alla congiunzione degli opposti.

Dietro  l’Albero di Natale , quindi, ci siamo noi, esseri umani, ognuno con le proprie  luci , ombre e  vulnerabilità.  Allora, perché non provare ad avere cura della zona d’ombra dell’Albero per aver cura della propria zona d’ombra e mettere una Stella di Natale anche  nella porzione disadorna, affinché si trasformi in una vera epifania di consapevolezza e conoscenza?

 

 

PSICHE IN PRIMA FILA

                   PSICHE IN PRIMA FILA

                La psicologia incontra il Cinema

 Giovedì 20 novembre 2014 alle ore 19.30, presso la sede  di VideoAmbiente in via Ostiense 193/d a Roma,   si apriranno gli Incontri Esperienziali  di Gruppo, dedicati al cinema.

La selezione dei film è a cura delle psicologhe e psicoterapeute Sira Sebastianelli e Tina Carone  che condurranno anche gli incontri di gruppo.

Nel percorso cine-psicologico saranno proiettati film come proiezione di tematiche legate all’esistenza  per     conoscerle, affrontarle e viverle in un’altra prospettiva, perché a volte non è cambiando vita che si risolvono le difficoltà, ma cambiandone il punto di vista.

 Gli incontri  sono rivolti  a chiunque fosse interessato a migliorare la  qualità della propria vita    di relazione, lavorativa, familiare e di coppia.

 Il primo incontro sarà di orientamento e di conoscenza  e si proietterà il film “La doppia vita di  Veronica” di Krzysztof Kieslowski.    Il film narra la storia di due donne,  che pur non conoscendosi, vivono la stessa vita, ma con un epilogo  diverso, a dimostrazione di quanto la psiche sia una componente fondamentale nelle scelte salvifiche o mortifere operate dall’essere umano.

Seguiranno, con cadenza quindicinale, proiezioni di film come ad esempio  Adele H.  di Francois Truffaut, Sinfonia d’Autunno di Ingmar Bergman, Kagemusha (l’Ombra del Guerriero) di Akira Kurosawa.

Film che propongono tematiche su cui riflettere  per approfondire la conoscenza di sé.

 Il Cinema propone storie in movimento pur nella staticità dello spettatore, un paradosso che evoca quella sensazione spesso vissuta nella quotidianità della vita in cui ci si ritrova a dire “la vita mi scorre davanti e non mi sento protagonista”. Ecco, con il  cine-percorso psicologico  l’obiettivo è fermarsi per comprendere un po’ alla volta segmenti della propria esistenza, rimetterla in movimento e tornare a esserne protagonisti.

 

 

 

29 settembre 2014

29 settembre 2014

 

Il testo di una canzone recitava: “Oggi 29 settembre, seduto in quel caffè io non pensavo a te……”.

Oggi, 29 settembre,   camminando per le vie  di Roma Capitale,  ho sentito la colonna sonora che potrebbe avere  il giorno successivo ad una catastrofe, il cosiddetto  day after,  in un momento di insolito silenzio si avvertiva il  risuonare sincopato  di un bicchiere di plastica vuoto che rotolava spinto dal vento.  Per un attimo ho avuto la sensazione di essere arrivata  dopo il passaggio di una forza distruttiva aliena. Mi guardo intorno e vedo sotto l’ombra di un albero una quindicina di bottiglie di birra vuote,  rifiuti buttati   vicino e non dentro i cassonetti, un albero secco caduto in un’ area recintata in attesa di qualcuno che  ne raccogliesse le spoglie, erbacce che vanno  ricoprendo marciapiedi e strade. Tutto questo  nel raggio di cinquecento metri alle tre del pomeriggio.

Cosa era successo nelle ore precedenti al punto di affastellare tanta inciviltà, o meglio cosa non era successo?  In fondo ormai non sono più gli accadimenti a produrre la distruzione del Mondo della Natura, ma le inadempienze, il disinteresse, il senso di non farne parte, l’incuria, la delega ad entità non ben definite di provvedere allo scempio.  La sensazione è che  la cosa pubblica  venga considerata  appartenente ad un privato che non merita nessun rispetto!

Il degrado etico è un paradosso che rispecchia  il momento storico che si sta vivendo, dove qualunque espressione di sé  si esaspera, oltrepassando i limiti del rispetto della dignità del genere  umano, dimenticando di  appartenervi. Forse siamo tutti, più o meno, seduti in quel caffè senza pensare a sé stessi, oltre che all’altro.

Il blog thirdlife.it è stato concepito come un magazine  che avesse una attenzione particolare all’ambiente, essendo la casa naturale di tutti gli esseri umani, sempre più dimenticato e maltrattato. L’intento è di sensibilizzare, oltre che di offrire spunti di riflessione, per meglio comprendere la psicologia dei comportamenti degli uomini e delle donne che si spera non debbano mai abbandonare il Pianeta Terra, come nel film Wall.e,  perché sommerso dai rifiuti.

8 MARZO

(8)

MARZO

 

 

8 Marzo tra parentesi. Una parentesi che si apre e una che si chiude. Due parentesi che contengono una ricorrenza  consumata   in ventiquattro ore.   È sufficiente leggere le notizie che arrivano da tutto il Mondo, Italia compresa, che riguardano uccisioni,maltrattamenti  e stupri, perpetrati nei confronti delle donne di tutte l’ età, dalla più tenera alla più vetusta, per capire che le parentesi  erette sono di cemento armato.

Non sarà un caso che il fiore simbolo di questo giorno sia la mimosa, i cui rami recisi hanno  vita brevissima.  Vita brevissima, come tutti i buoni propositi  che animano le dichiarazioni che si registrano l’8 marzo, da parte di chi potrebbe e chi  dovrebbe adoperarsi per tutelare la dignità umana che in questo giorno si  declina al femminile.  Chi può e chi deve siamo tutti noi  che spesso osserviamo il mondo femminile  per giudicarlo, piuttosto che  per comprenderlo.  La comprensione nasce dalla conoscenza che non è fatta di stereotipi e di pregiudizi, ma di considerazione della diversità e della differenza.  La Terra  delle donne non è rotonda, ma è sfaccettata come un diamante, frutto della terra di frontiera dove le donne vivono, quotidianamente, per rivendicare i propri  diritti e per assumersi i propri doveri.  Un diamante è sempre prezioso, grezzo o meno che sia, ed è una risorsa da valorizzare e non  da rubare o da nascondere o da esibire, lasciando che risplenda in tutte le sue sfaccettature per esaltarne l’intrinseca luminosità. Proviamo a guardarci intorno e  cerchiamo di  vedere se arriva qualche raggio di luce  prismatica dai quotidiani, dai TG, dalla pubblicità, dove ancora si sente dire che “l’uomo è cacciatore”, dai luoghi di lavoro dove le donne ancora si scontrano con i soffitti di cristallo, proviamo a cercare e se troviamo questa luce l’8 marzo non sarà più tra parentesi.

 

 

 

La memoria tecnologica


Il 30 gennaio 2005, ho scritto quanto segue:
Negli archivi della memoria dell’uomo del terzo millennio troviamo sicuramente più numeri che parole. L’accesso alla tecnologia è consentito per lo più attraverso numeri  segreti     da memorizzare a  tutela della propria privacy. Si è arrivati ad un punto in cui  senza i codici numerici non si accende la vita, e vitale è ricordarli!
In passato le combinazioni di numeri riguardavano solo le casseforti  dal contenuto prezioso, oggi  le combinazioni di numeri sono necessarie per prelevare i soldi dal bancomat, per accedere al proprio computer, per accendere il telefono cellulare e  anche  per entrare in casa  dove la serratura non  serve più, se ci sono numeri da digitare.
A questo punto si potrebbe, affrettatamente, desumere che la memoria  diventi prodigiosa con questo allenamento quotidiano, eppure non è così.
Con maggiore  frequenza si dimenticano non solo i numeri, ma anche gli impegni di lavoro, gli appuntamenti dal dentista, i figli a scuola, le bollette da pagare, i compleanni  e  l’elenco potrebbe continuare all’infinito.

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Lisboa

Oggi, 21 gennaio 2013, sul quotidiano La Repubblica, Alberto Arbasino ha scritto un articolo su Lisbona e di quanto gli spazi culturali della città  stiano risentendo della crisi economica. Nell’articolo, Lisbona  è definita “la capitale più malinconica d’Europa”, ed è incredibile come, questa splendida città, offra molto spesso  questa percezione  tinta di grigio scuro.
La  portoghese Lisboa, in effetti,  è un luogo di una bellezza crepuscolare che aumenta il suo fascino con la luz della notte.
Primo, e, nello stesso tempo, ultimo baluardo del continente occidentale, sembra fuggire, scivolare via verso l’oceano, per ricongiungersi al Nuovo Mondo, quasi a seguirne il richiamo.  Un richiamo ambivalente, tra il desiderio di partire e nello stesso tempo di restare, che implode nella melodia del Fado in tutta la sua dirompenza nostalgica.
Una città  che indugia nel passato, ma che osserva con circospezione e un po’ di inibizione, l’arrivo  del nuovo che avanza, con polverosa fatica, ma con tanta dignità.  La stessa dignità dei suoi abitanti, taciturni,  nervosi che ridono poco, percorsi da una   vena malinconica  che, simbolicamente,  i loro mitici tram tracciano  su  tortuosi binari.
Una città dalla bellezza intrinseca come le opere del suo più rappresentativo esponente della letteratura: Pessoa, che faustianamente troneggia e campeggia  sulla città.

Lisbona è una città che si scopre un po’ alla volta, gradualmente nel tempo, attraverso la traccia che il ricordo imprime nella memoria, soprattutto quando si è lontani. Molti sono gli artisti che  hanno scritto, dipinto, fotografato o filmato la città di Lisbona,  rapiti dall’ abbondanza delle emozioni che  riesce a evocare,  nel silenzio dello scorrere delle sue maestose nuvole.

A questo punto non posso  che dire: obrigada, Lisboa.

L’INTERVALLO DELLA NATURA

L’INTERVALLO DELLA NATURA

 

Inquinamento acustico = Inquinamento della coscienza

 

Qual è il suono della Natura?

Se si  ascoltano  gli stimoli che fanno vibrare  i timpani degli orecchi,  si riconoscono rumori di automobili, autobus, aerei, ma di suoni naturali nessuna traccia! Anzi, no, il cinguettio di un uccello ci stupisce, forse è in gabbia o forse è tra quelli che, come riporta un articolo del 20 novembre 2012 pubblicato sul quotidiano  la Repubblica, costretto dai rumori umani, alza il tono della voce per farsi sentire dagli altri suoi simili?

A quanto si legge nell’articolo dovrebbe  trattarsi proprio di un cinguettio forzatamente innalzato nel tono, fenomeno che riguarderebbe  anche tutti gli altri animali dalle balene ai grilli, dalle rane ai passeri. Lo studio della biologa Ulrike Lampe dell’università di Biedefeld in Germania, riportato nell’articolo di La Repubblica,  ha evidenziato anche quanto i vocalizzi, spesso richiami d’amore,  modificati nelle tonalità non siano più graditi e riconosciuti dalle femmine della specie.

Che vita dura per il popolo della Natura, alle prese con l’orchestra disarmonica degli umani,  che impone di sforzare l’ugola e di gonfiare i polmoni.

Gli animali,   avrebbero voglia  di gridare: “Silenzio!”? Forse sì!

Anche perché,  tutte le specie animali, che abitano la Terra, hanno l’ora del silenzio  indicata come  l’heure bleue (l’ora blu), l’ora di confine tra  la fine della notte e l’inizio del giorno, quando gli animali notturni tacciono e quelli del giorno sono ancora silenti.

 

L’heure bleue, un momento magico, da vivere in apnea, per ascoltare il silenzioso   passaggio di consegne  tra il popolo del buio  e il popolo della luce,  immersi in uno spettacolo, ineguagliabile, della Natura.  Gli esseri umani  non hanno l’ora blu, o, comunque, l’hanno persa, gli esseri umani non conoscono il silenzio, non lo praticano, ne hanno paura.  Il rumore esterno sovrasta il rumore interno dei pensieri che cadono, come gocce di  pietra,  nell’oblio della memoria. Cuffie stereofoniche posizionate sui padiglioni auricolari illudono di poter cambiare la colonna sonora della vita, non sempre gradevole,  e sono  usate come una momentanea rimozione del rumore, ma anche dei pensieri.  I  rumori e i pensieri, però, sono sempre lì, pronti a entrare nei canali uditivi della coscienza, finché  non arrivi anche per gli uomini e le donne della Terra l’heure bleue, per consentire loro di  entrare in ascolto di sé, unica condizione per abbassare il volume del rumore.  Solo così, sarà possibile restituire al resto degli abitanti della Natura, i loro toni autentici e le loro voci intonate alla  specie di appartenenza.

LA MANUTENZIONE DEL TEMPO

 

LA  MANUTENZIONE DEL TEMPO

 

Tra qualche settimana tornerà l’ora scandita dalla luminosità solare. L’ora legale lascerà, anche se per pochi mesi, il Tempo al metronomo  del sole e le lancette dell’orologio  si sposteranno  indietro di un’ora.

La tecnologia ci fornisce orologi che spostano  autonomamente le lancette, con la programmazione digitale satellitare, per cui senza sforzo ci troveremo proiettati nel passato o nel futuro anche se solo di un’ora.

Il rituale giro delle lancette dell’orologio, quindi, è un gesto  quasi in disuso, ma, forse,   l’unico che darebbe la sensazione di effettuare la “Manutenzione del Tempo”.

Manutenzione ancora in uso negli antichi Palazzi storici,  per  la presenza di  innumerevoli orologi a pendolo o comunque analogici, che richiede, necessariamente, la mano umana per  spostare le preziose e fragili lancette del tempo: un lavoro quasi  inesauribile, per il bisogno di dare la “corda”, quotidianamente, ai misuratori del tempo.

Il Tempo, naturalmente, scorre anche senza orologio.

L’orologio è un’ illusoria  gabbia del tempo, con i suoi minuti e secondi, utile a non perdere un aereo o un treno, ma inutile alla percezione del tempo. L’essere umano anche nei tempi più remoti ha sempre, però, sentito l’esigenza di misurare il Tempo, con le clessidre, (prima con l’acqua, poi con la sabbia), e con le meridiane.  Le antiche meridiane segnavano il tempo attraverso l’ombra che il sole proiettava sull’asse centrale del quadrante  disegnato sui muri.

Il Tempo, “ la misura del moto della luce” (1),  scandito dall’ombra!

L’ombra come misura della luce, sembrerebbe un ossimoro, in realtà,  è  simbolo di   quanto siano interconnessi  i duplici aspetti, ombra-luce, che la  vita  alberga in sé.    Soltanto quando il sole è  perpendicolare all’asse della meridiana, a mezzogiorno, lo gnomone  è privo di ombra.    Un istante senza ombra, che nessuna ora legale potrà modificare, in cui gli opposti sembrano, quasi magicamente, trovare il loro congiungimento. La perpendicolarità del sole  accade ogni giorno da milioni di anni,  in una ricorrenza del Tempo che si fa infinito nella  staticità dell’istante, senza che essere vivente ne abbia consapevolezza. Insieme al sole, ogni giorno viviamo seguendo la sua parabola ascendente e discendente,  dove le ombre si accorciano e si allungano, passando attraverso la verticalità dell’istante, in cui raggiungiamo una inconsapevole congiunzione degli opposti, la stessa che, empiricamente, potremmo  osservare quando le lancette dell’orologio si sovrappongono, operazione sempre più rara poiché sempre meno pratichiamo la “Manutenzione del Tempo”.

(1) F. Rendich, Dizionario Indoeuropeo, Palombi editori, Roma, pag.122

 

Sira Sebastianelli

psicologa-psicoterapeuta