25 NOVEMBRE 2017
Introduzione al progetto:
UN’ÀNCORA PER NON DIRE PIÙ ANCÒRA:
cambiare accento per cambiare prospettiva
Quale differenza può fare un accento?
I media riportano per l’ennesima volta la notizia di un efferato delitto perpetrato nei confronti di una donna da parte del proprio uomo o del branco selvaggio, e l’espressione più istintiva che dirompe dalle corde vocali è : ancòra!
Se provassimo a cambiare l’accento e si cercasse un’àncora per fermare l’irrefrenabile scia di morte che l’umanità sta lasciando dietro di sè?
L’àncora per le morti delle donne ancora non esiste, perché non è chiaro su quale sponda debba approdare la nave della consapevolezza del valore della vita umana. La mano del carnefice non ha età, come non ha età la vittima.
Le domande che si rincorrono nella mente per capire il senso di tanta crudeltà, rimbalzano sul muro dell’incredulità.
Il disorientamento che si prova di fronte all’imprevedibiltà della mente umana fa vacillare ogni punto di riferimento, che si riteneva stabile nel concepire il confine tra il bene e il male. La labilità del confine pone l’essere umano nella zona buia della sua coscienza, dove tutto si confonde e tutto svanisce: certezza, sicurezza, chiarezza, stabilità etc. È a questo punto che si cerca un approdo per potersi fermare e gettare, così, l’àncora, per osservare, capire e cambiare qualcosa, affinché si possa ripartire in sicurezza nella vita di tutti i giorni, senza insidie e paure.
L’àncora per le vittime, che cadono ogni giorno sul campo di battaglia per la libertà, richiede il lavoro di tutti, per ritrovare il valore e il senso della vita da dove ripartire, oggi più che mai, tendendo una mano alla solitudine, al dolore, alla sofferenza, al silenzio di chi non ha più voce se non per dire: ancòra!
Il verricello che accompagna l’àncora a cercare un appiglio, va attivato subito, affinché si fermi la navigazione dell’ umanità, inconsapevole delle regole della convivenza e della condivisione. L’epoca in cui viviamo, è caratterizzata dal tutto e subito, quando, per esempio, non si sa aspettare per differire il soddisfacimento di un bisogno, la cui frustrazione può trasformarsi, per alcuni, in un delirio persecutorio. L’accelerazione della vita sta producendo una totale assenza del tempo necessario alla metabolizzazione degli eventi, affinché si possano trarre insegnamenti utili dalle esperienze di vita. Gli accadimenti mortiferi di oggi, perpetrati nei confronti delle donne, impongono una riflessione che non circoscriva la responsabilità all’imponderabile, ma a quanto è stato costruito in modo stereotipato negli anni intorno alla figura e al ruolo della donna all’interno della società, al punto che l’emancipazione della donna non abbia avuto giusta corrispondenza nella costruzione delle coscienze. La divaricazione tra i cambiamenti che riguardano il mondo femminile, con la percezione consapevole di essi, produce un’ inevitabile incomprensione con il mondo maschile che, per quanto accetti razionalmente l’emancipazione della donna, ancora non ne è pronto emotivamente, culturalmente, antropologicamente a interiorizzarlo.
L’àncora, simbolo del cambio di prospettiva, richiede un cambio di accento nella cultura, nell’ambiente educativo e pedagogico da parte delle famiglie e delle istituzioni, oltre al cambio di accento nelle aspettative di funzioni femminili, in considerazione del ruolo che ha la donna all’interno della società del terzo millennio.
Il tempo del cambiamento delle coscienze, sarà lungo e impervio, però possibile, ma sarà necessario un tempo lento e costante, perché l’essere umano non è un robot, la vita non è un computer e, ancora di più, è irripetibile e irreversibile. Il pensiero irreversibile è un’acquisizione matura fin dall’infanzia, ma che l’adulto ha inibito nella presunzione onnipotente di poter rimediare a qualunque comportamento, paradossalmente, anche mortifero, come se fosse concesso un game over.
Solo recuperando il tempo, il significato, il valore e il rispetto per la vita propria e dell’altro, è possibile cambiare prospettiva e cambiare accento, per trovare il giusto passo verso la consapevolezza.
Il progetto “Un’àncora per non dire più ancòra” è partito l’8 marzo 2017 e continuerà il suo cammino con iniziative che cercheranno di dare continuità alla riflessione psicologica sul mondo femminile.
Sira Sebastianelli
psicologa psicoterapeuta