10 maggio “Festa della mamma”
10 maggio festa della mamma
10 maggio, un giorno in cui si festeggia la mamma, ma più efficacemente il materno.
È una giornata in cui si rievoca un’ antica e ancestrale sensazione di nutrimento, cura e calore che appartiene a tutti, anche nel caso in cui una madre da festeggiare non ci sia più. Il ricordo indelebile della esperienza del materno è un’impronta nell’anima che diventa una carta di identità dell’esistenza. Sì, perché la profondità della compressione digitale nell’involucro psichico produce una differenza sostanziale nel vissuto del materno in ogni essere umano. Una giornata di riflessione, quindi, per entrare in quest’involucro e recuperare la funzione materna, attivandola dentro di sé, insieme alla cura, al nutrimento e al calore.
Il termine madre nella lingua indoeuropea ha il significato di misura, di limite, di materia (come sostanza definita da un limite) che in latino e in greco si arricchisce del concetto di curarsi e di medicare. Madre, quindi, “colei che si occupa dei limiti naturali della vita umana” (Rendich,F., Dizionario etimologico comparato delle lingue classiche indoeuropee, Palombi editori, Roma, 2010, pag.283).
In sintesi, la madre preserva e perpetua ciò che ha un inizio e ha una fine, cioè la vita. Una cura che dura nel tempo e che ogni individuo dovrebbe avere nei confronti di sé stesso durante la sua esistenza, senza deleghe, ritrovando l’illimitata accoglienza materna. Sembra tutto semplice, ma, in effetti, non è così. L’attivazione della funzione materna interiore, per gli uomini come per le donne, trova l’ostacolo della difficoltà a rivolgere verso se stessi ciò che è più facile rivolgere agli altri. Per esempio, è più naturale nutrire gli altri piuttosto che se stessi, poiché il bisogno dell’altro è sempre più chiaro rispetto al proprio! Come mai? Eppure, viviamo in un mondo dove sembra prevalere l’egoismo, dove le persone pensano solo a sé, dove si sgomita per raggiungere qualunque bouffet! Nutrirsi, riconoscendo realmente di cosa si ha bisogno non è semplice, tale percezione presuppone una conoscenza della propria interiorità e soprattutto una consapevolezza di quello che si ha per individuare quello che manca. Operazione di discernimento complessa, in quanto si tende a rispondere alle diverse necessità sempre nello stesso modo, senza diversificare, esplorando anche nuove strade. Così facendo non ci si nutre, ma ci si iperalimenta, rendendo obesa l’anima, che si fa pesante e ingombrante. Allora diventa prioritario tornare alla misura, che il materno ha insegnato e insegna come conoscenza, come riflessione e come pensiero di cura del corpo e dell’anima.