La memoria tecnologica
Il 30 gennaio 2005, ho scritto quanto segue:
Negli archivi della memoria dell’uomo del terzo millennio troviamo sicuramente più numeri che parole. L’accesso alla tecnologia è consentito per lo più attraverso numeri segreti da memorizzare a tutela della propria privacy. Si è arrivati ad un punto in cui senza i codici numerici non si accende la vita, e vitale è ricordarli!
In passato le combinazioni di numeri riguardavano solo le casseforti dal contenuto prezioso, oggi le combinazioni di numeri sono necessarie per prelevare i soldi dal bancomat, per accedere al proprio computer, per accendere il telefono cellulare e anche per entrare in casa dove la serratura non serve più, se ci sono numeri da digitare.
A questo punto si potrebbe, affrettatamente, desumere che la memoria diventi prodigiosa con questo allenamento quotidiano, eppure non è così.
Con maggiore frequenza si dimenticano non solo i numeri, ma anche gli impegni di lavoro, gli appuntamenti dal dentista, i figli a scuola, le bollette da pagare, i compleanni e l’elenco potrebbe continuare all’infinito.
Come mai?
Sicuramente responsabile delle amnesie della vita quotidiana non è la mancanza del famoso fosforo, ma l’affanno ansioso, prodotto dal rincorrere il “tempo” con la conseguente perdita della capacità di concentrazione.
L’ansia è stata, giustamente, definita il motore dei popoli, tant’è che se non ci fosse non avremmo la spinta a muoverci nel mondo, ma l’ansia che accompagna la nostra quotidianità la definirei fretta di vivere. Se la giornata si concludesse senza avere portato a termine i mille impegni prefissati, si avrebbe la sensazione di non averla vissuta, confondendo il fare con il vivere. E’ come se si ricercasse la quantità nella vita, piuttosto che la qualità nella vita.
Ogni nostra attività richiederebbe la concentrazione del pensiero,nel qui e ora, per consentire la memorizzazione di dati importanti, ma, invece, sempre di più il pensiero viene diretto verso l’impegno successivo se non addirittura verso quello del giorno dopo, tant’è che, con la mente così affollata, diventa difficile archiviare i ricordi per non perderli.
Il presente è il verbo che si riesce a coniugare sempre meno, per cui si vive pensando al futuro in termini di programmazione piuttosto che di progettualità. In questa attività di programmazione è complice la tecnologia, per la rapidità con cui ci consente di passare dal mondo reale a quello virtuale e quindi di essere ovunque cliccando una password esclusiva. Per la progettualità, invece, non ci sono codici, perché l’accesso all’essenza della vita non è legata ai numeri imposti dalla tecnologia, ma alla creativa e libera scelta di digitarli.
Nel rispetto di una vera e propria “sincronicità”, oggi 30 gennaio 2013, ho ritrovato quanto scritto e potremmo chiederci quanto sia migliorata la nostra memoria tecnologica e quanto ci si senta più liberi da una pass-word o da un pin-code!
Commento con ritardo, solo ora ho letto questo brano, e trovo tutto giusto. Spesso e volentieri, nel sentire comune, si confondono i due termini, programmazione e progettualità, mentre sono due aspetti di una unica “azione”, in cui la programmazione è subordinata alla progettualità. Mentre la progettazione non può non prescindere da un atto creativo (spesso difficile da attuare), la programmazione è legata ad una serie di atti logici che esplichiamo mediante la tecnologia, atti a realizzare il progetto.
Spero di essere stato chiaro.
Alessandro Terrinoni