25 Novembre 2021 Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne
Il 25 novembre è un giorno che si colora di un rosso sempre più vivo, come il sangue delle donne uccise, offese e umiliate, in numero sempre crescente. Ogni anno si concentrano riflessioni, pensieri, ricerca di significati, ma sembra che nulla riesca a porre argine alla violenza.
La violenza sulle donne purtroppo è sempre esistita e spesso anche esibita con esecuzioni pubbliche come accadde a Beatrice Cenci, giovane donna di 22 anni che uccise il padre dopo averne subito violenze, abusi e privazione della libertà. Beatrice Cenci cercava giustizia, ma non cercò attenuanti per il suo gesto, accettando il suo cruento destino. Tra la folla assiepata a Ponte Sant’Angelo, nella Roma di Papa Clemente VIII, per assistere all’esecuzione nel 1599, c’era Artemisia Gentileschi, ancora una bambina di sei anni, insieme al padre Orazio. L’artista Orazio Gentileschi, come altri artisti, sembra ci fosse anche Caravaggio, nella piazza del patibolo osservava, si presume, l’emozione nei tratti dei volti dei condannati per riprodurli su tela, un tentativo estremo di restituire vita a chi la perdeva. La sincronicità singolare sta nell’incrocio dei destini di Beatrice e Artemisia, quest’ultima ancora ignara del futuro incontro con un uomo violento, ma preconizzante del desiderio di giustizia che avrebbe riprodotto su tela con la morte di Oloferne per mano di Giuditta. Per Artemisia bambina, assistere a una esecuzione cruenta di una giovane donna, avrà sicuramente lasciato una traccia nella memoria delle emozioni, insieme a tante domande cui dare risposta attraverso la minuziosa ricerca di particolari espressivi dei volti, per dipingere i tratti della vittima e del carnefice. Vittima e carnefice, legati da un ineluttabile destino di sofferenza, subita e inflitta, il cui confine non deve mai essere confuso.
Beatrice e Artemisia, due donne contemporanee che hanno ucciso il loro carnefice, la prima realmente, la seconda artisticamente, nella ricerca di una catarsi dalla mortificazione, dall’ insostenibile peso dell’impotenza e dalla ricerca di una via di uscita, a costo della propria morte. La violenza, in qualunque sua forma, lascia un’impronta indelebile nel corpo e nell’anima di chi la subisce, con la quale non è semplice coabitare. I lettori e le lettrici del mio sito www.sirasebastianelli.it conoscono il progetto
itinerante, da me ideato e promosso, “Un’Àncora per non dire più Ancóra, cambiare accento per cambiare prospettiva”, che vede impegnate cinque arpe e cinque arpiste dell’Ensemble Sinetempore Harp Attack, per sensibilizzare le coscienze, attraverso la musica e la narrazione di antiche ballate popolari. Come scrive in “Oltre la terapia psicologica” lo psicoanalista Aldo Carotenuto: “La narrazione è una rappresentazione trasfigurata del pathos, per questo rende possibile un’esperienza catartica” e, di conseguenza, un processo di identificazione necessario per percepire e vivere le emozioni. Il lavoro sulle emozioni consente di costruire, ma, nello stesso tempo, di scuotere le coscienze risvegliandole, da un sonno lungo e inconsapevole, al valore della vita e al suo rispetto.
Perché qualcosa cambi si può iniziare da sé e credere, come il filosofo Alain Badiou, “in una ripartenza individuale, in compagnia dell’umanità intera”, solo in questo modo si può ridare senso e forza a una giornata come il 25 novembre.
Complimenti per l’articolo sempre spunto interessante per riflettere .Rammarica il dover constatare che passano anni, secoli, millenni ma il rispetto della donna è ancora qualcosa che non appartiene al genere umano …..Sandra
Complimenti per le riflessioni che condividi stimolando un movimento di coscienza per aiutare a risolvere la posizione subalterna che ancora, incredibile, caratterizza il ruolo della donna nella nostra società . Grazie per insistere nell’indicare che ” il lavoro sulle emozioni consente di costruire, ma, nello stesso tempo, di scuotere le coscienze risvegliandole, da un sonno lungo e inconsapevole, al valore della vita e al suo rispetto”e quindi portare avanti il progetto “Un’Àncora per non dire più Ancóra, cambiare accento per cambiare prospettiva” La speranza è che sempre più persone si soffermino e mobilitino per affermare il rispetto della donna.
Quante cose che imparo leggendo i tuoi articoli.. Certo che ci lamentiamo ora ma un tempo era peggio… non che siamo migliorati tanto… ma pensare alle esecuzioni in pubblico fa venire i brividi.. eppure realtà. Grazie come sempre Sira.