ABBANDONO NELLA FORESTA DELL’ISOLA DI HOKKAIDO
ABBANDONO NELLA FORESTA DELL’ISOLA DI HOKKAIDO
Cosa avrebbe pensato il regista giapponese Akira Kurosawa dell’abbandono nella foresta di un bambino di sette anni da parte dei genitori che volevano punirlo per aver tirato sassi ad automobili di passaggio?
Ovviamente, è un episodio deplorevole che ha messo a repentaglio la vita di un bambino che non trova nessuna giustificazione, ma l’evento mi ha riportato alla memoria il film Sogni del regista Kurosawa. Nel film c’è un episodio onirico “Il sole attraverso la pioggia” in cui una madre dice a suo figlio che in quel giorno di sole e di pioggia le volpi celebrano il loro matrimonio e nessuno può vederle, quindi invita il piccolo bambino a non andare nel bosco. Naturalmente il divieto ha scatenato la curiosità del bambino che assiste alla processione celebrativa delle volpi. Al suo ritorno a casa trova sua madre che lo aspetta sulla soglia della porta, con in mano un oggetto che per lui hanno lasciato le volpi: un coltello! La madre esorta il figlio ad andare a chiedere perdono alle volpi con “fronte a terra e mani giunte”, nella speranza che gli venga concesso, e chiude la porta di casa, lasciandolo solo a decidere della sua vita: perdono o suicidio, cioè karakiri!. Il bambino si avvia verso la casa delle volpi ai piedi dell’arcobaleno che nei giorni in cui il sole e la pioggia si sposano, si manifesta nelle sua maestosità. L’episodio termina con il bambino che con coraggio si avvia, anche se il suo cuore è pieno di paura e se otterrà il perdono non è dato saperlo. Quanto è accaduto al bambino giapponese abbandonato, realmente, nel bosco dai suoi genitori per punizione e ritrovato miracolosamente vivo, ricorda molto il bambino lasciato al suo destino per aver trasgredito un divieto. Evidentemente, il film di Kurosawa narra di paure oniriche che affondano le radici nell’inconscio collettivo e si palesano in tutta la loro drammaticità, affinché se ne possa trovare una catarsi. “La realtà onirica di Sogni si apre infatti a una visione dell’inconscio che non è solo personale, ma che radica le sue immagini nel fondo collettivo della psiche”. Carotenuto,A. Jung e la Cultura del XX Secolo,Milano,Bompiani,1995 pag.122,123.
La riflessione indotta dall’abbandono del bambino nella realtà e nell’immaginario collettivo ci pone a una distanza più ravvicinata dall’evento accaduto in Giappone, nella speranza che non si archivi l’episodio come pura follia di quei genitori, sentendosi estranei a scelte punitive così tragiche. La trasgressione va di certo stigmatizzata a fini pedagogici, ma le conseguenze circa la punizione che si infligge va ponderata, perché, se supera la soglia della paura, potrebbe lasciare tracce indelebili. È vero che il film è di un regista giapponese e l’episodio è avvenuto in Giappone, ma l’Oriente, nel mistero a volte impenetrabile della sua cultura, ci risveglia, anche tragicamente, ad una riconsiderazione della vita e dei suoi valori, dati troppo spesso per acquisiti. Forse, le volpi del film insegnano che il perdono esiste come opposto alla punizione estrema, e che il bambino giapponese sia stato salvato proprio da loro, in attesa che l’umanità rinsavisca e vada ai piedi dell’arcobaleno a chiedere perdono.
Sira Sebastianelli
psicologa psicoterapeuta